sabato 17 ottobre 2009

Al Filòs








Prosegue fino al 31 ottobre '09 la magnifica installazione artistica "Al Filòs" di Veronica Montanino che,
attingendo all'antica tradizione contadina,
ci regala una sensazionale favola moderna...

VERONICA MONTANINO

Al Filòs
a cura di Gianluca Marziani

Filòs
è un’antica voce del vocabolario dialettale.
Andàr a filòs indicava il trascorrere la serata in casa
o nella stalla di qualcuno.
L’artista ha preso spunto da questa forma di socializzazione della tradizione contadina, caratterizzata da una parte dal racconto di fiabe, aneddoti, leggende, proverbi, canzoni e superstizioni, dall’altra dal lavoro manuale di donne che cucivano e filavano la lana, mentre gli uomini intrecciavano sedie, fiaschi, cesti di vimini. Passare il tempo ma anche tramandare una cultura in cui la gestualità dell’intrecciare, del tessere, del cucire, sia connessa al parlato, al racconto, al ritmo della socialità.
Il progetto di Veronica Montanino ascolta la cultura atavica del territorio, tessendo fili personali che ricostruiscono le lunghe linee comunitarie di Guastalla. Il contesto contadino, la solida tradizione padana e i caratteri peculiari del luogo diventano la grammatica con cui l’artista sviluppa una coerente sintassi visiva. Per farlo la Montanino usa vari linguaggi e li compenetra nel suo teatro installativo dalla forte carica emotiva. L’artista mescola sottili visionarietà e senso plastico in un incrocio tra natura femminile, folklore e fiaba, non perdendo di vista la pulsione urbana, il gioco infantile, l’autobiografismo filtrato.

Tutto ruota, idealmente e visivamente, attorno alla linea, radice del disegnare ma anche flusso fluviale, rettitudine morale, cammino verso orizzonti lontani. Per prima cosa l’artista perimetra la memoria della chiesa con una serie di mensole orizzontali, linee evidenti dentro la linea architettonica della planimetria sacrale. Sopra vi dispone oggetti attinenti alla tradizione e alla fiaba, al contesto della stalla, al mondo animale e vegetale, alle paglie intrecciate, al filare, cucire e ricamare. Un particolare rende gli oggetti tanto diversi quanto vicini: una verniciatura di nero che riveste la loro epidermide d’origine, unificando il contenuto di forme altrimenti disomogenee. L’opera murale ridefinisce l’identità dello spazio e delle comunità contadine che nel tempo hanno integrato la natura nelle abitudini quotidiane del popolo. Le mensole incarnano una ferita rimarginata nel nero, il taglio pulsante della memoria che resiste lungo la pressione del tempo odierno. Sono linee parietali per fermare lo scivolamento verso l’oblio, per rigenerare l’ombra dantesca degli oggetti selezionati. Brandelli di vita che, pur sommersi dal nero profondo, non scompaiono come gocce nel mare. Al contrario, si cementificano quali archetipi lungo il cammino del ricordo, conservano la poesia di quel passato utile che supporta la coscienza del giusto futuro.

Al centro dello spazio si stagliano alcuni parallelepipedi che circoscrivono il nostro sguardo nel cuore dell’installazione.
Chiusa dai moloch primordiali ecco una donna, seduta per terra, mentre avvolge e svolge, intreccia e annoda alcuni fili neri. Agisce con fare casuale e spensierato, quasi un’apparizione mistica nelle sue vesti nere che sconfinano come torrenti d’inchiostro scuro. A parte il volto chino e le mani in azione, tutto il resto è coperto da tessuti che si allargano attorno e oltre la sua carne, verso la pelle scarnificata del luogo. La figura tesse linee che scorrono e crescono, una specie di albero vivente che sviluppa radici e rami nel suo pathos tra memoria e costruzione.

Attorno alla donna ascoltiamo un’installazione audio che mescola voci, suoni concreti e astrazioni sonore. Un eterogeneo tappeto d’ascolto da cui spunta la narrazione di una fiaba della tradizione popolare di Guastalla, miscuglio antropologico tra “Pelle d’asino” (fiaba popolare francese di Charles Perrault) e “Cenerentola”.
A leggerla una voce d’autore (l’attrice Barbora Bobulova) che solidifica le frasi in una sorta di scultura sensoriale dagli echi ammalianti. Parole e rumori si trasformano così in oggetti invisibili eppure pulsanti, “arredando” lo spazio con un nuovo perimetro che “sentiamo” oltre la pelle del tangibile.

Le quattro linee portanti della mostra (mensole, parallelepipedi, corpo, voci) costruiscono una tessitura di pensieri e forme.
Sono una maglia che diventa struttura, un insieme di guide per circoscrivere il presente in uno schema di memorie concentriche.
Le singole linee rappresentano le esperienze individuali; l’insieme di linee costruisce gli schemi collettivi, le storie popolari, la tradizione che si rigenera nel racconto. Dalle linee crescono volumi coi valori universali dell’umanità, corpi invisibili che ragionano sulle tradizioni popolari, sul confine tra conservazione e progresso, sul legame tra natura e artificio. Temi morali che l’artista indaga con rispetto del territorio e delle culture comunitarie, intrecciando vari linguaggi per narrare emozioni mentre si raccontano storie.

Installazione sonora realizzata
in collaborazione con Mickhail Fasciano.

Dal 10 al 31 ottobre 2009
Chiesa Monumentale San Francesco
Strada comunale Giovanni Passerini _ Guastalla _ RE_

Mercoledì - Sabato - Domenica ore 10.00 - 12.30 / 15.00 - 18.30
Ingresso LIBERO

Info:
press@artsinergy.com
tel. 06 83512663

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