venerdì 26 aprile 2013

"La BARACCA" come tradizione di famiglia



A cura dell'Associazione Pro Loco, negli spazi di Palazzo Ducale a Guastalla, apre la mostra Occhi di vetro ... teste di legno dedicata all'antica tradizione dei burattinai della Bassa Reggiana. L'esposizione, attraverso il lavoro di Dimmo Menozzi capocomico e maestro burattinaio e di Annarosa Stecco moglie e sceneggiatrice per il mondo delle teste di legno, documenta il ruolo artistico e umano di una professione da sempre espressione del più autentico spettacolo popolare.



Occhi di vetro ... teste di legno
i burattini dei Menozzi


27 APRILE / 19 MAGGIO

Palazzo Ducale Guastalla


Per l'inaugurazione di sabato 27 aprile 2013  
alle ore 17.30 interverranno:
Marco Fincardi Docente Università di Venezia
Remo Melloni Storico del teatro


Previste ANIMAZIONI per bambine e bambini.


Info: PRO LOCO 340 8547295

Annarosa Stecco e Dimmo Menozzi, intenti nelle fasi di allestimento della mostra







Spettacolo!






venerdì 12 aprile 2013

Conferenza sullo stato dei lavori di ricostruzione post sisma 2012


Interventi alla chiesa di Reggiolo

















Lunedì 15 aprile, presso il Museo Diocesano 
di Reggio Emilia, i Funzionari della Regione 
e del Ministero per i beni culturali presentano 
il programma per la ricostruzione delle chiese.

Le scosse telluriche alla fine del maggio scorso 
e ancora nel mese seguente hanno colpito ampie parti della Pianura Padana, interessando particolarmente le provincie di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, nell’ambito territoriale della Regione Emilia Romagna, e le provincie 
di Mantova e Rovigo, nelle Regioni Lombardia 
e Veneto. 

Dal punto di vista ecclesiastico, nella circoscrizione che fa capo alla Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, sono state interessate dall’evento sismico le diocesi di Bologna, Carpi, Ferrara-Comacchio, 
Modena-Nonantola, Ravenna-Cervia, 
Reggio Emilia-Guastalla.

Dettaglio dalla chiesa di Reggiolo

















Gli edifici destinati al culto e alla pastorale (senza contare le strutture di proprietà religiosa come scuole, case di riposo, canoniche, etc.) che hanno subito danni dalle ripetute scosse sismiche sono stati circa 550
La Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla ha registrato danni a 70 complessi parrocchiali.


La complessa quantificazione dei danni - che
 in questa fase non può tenere presenti tutti quei costi per il recupero completo dei fabbricati (opere irrimediabilmente perdute, rifacimenti degli ornati distrutti, restauro degli apparati decorativi, impianti e arredi, etc.) - è stata stimata dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali dell’Emilia Romagna in circa  
€ 400.000.000 (quattrocento milioni di euro). 
I danni rilevati agli immobili della Diocesi Reggiana sono valutati tra i venticinque  
e i trenta milioni di euro.

Il campanile della chiesa di Reggiolo

Al momento, in base alla Delibera Regionale del Commissario Straordinario per il terremoto del 
5 dicembre 2012, per la Diocesi di Reggio Emilia sono in avanzata fase di valutazione da parte degli Uffici competenti della Regione e degli ufficio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali i primi 11 interventi finanziati per chiese che hanno subito danni di media entità.
 

In parallelo, i tecnici incaricati dagli Enti ecclesiastici, grazie ai fondi della Protezione Civile, stanno lavorando alla redazione di proposte progettuali per la messa in sicurezza degli interni delle chiesa parrocchiali di Reggiolo, Brugneto e Casoni di Luzzara, edifici che hanno subito gravissimi danni con crolli parziali delle volte e delle coperture. Si tratta di edifici che 
già hanno visto l’azione del Vigili del Fuoco per la realizzazione di opere provvisionali che al contempo hanno evitato il peggioramento dei danni ai monumenti e garantito la pubblica incolumità in prossimità degli stessi edifici.


Primi interventi alla chiesa di Reggiolo


















A fare un punto sullo stato della situazione 
ad oggi, e, soprattutto, a prospettare tempi e modalità della ricostruzione saranno, nell'incontro del 15 aprile (alle ore 16,00) presso il Museo Diocesano di Reggio Emilia: l’arch. Carla Di Francesco, Direttore Regionale per i Beni Culturali dell’Emilia Romagna; l’arch. Filippo Battoni e l’arch. Alfiero Moretti della Regione Emilia Romagna, l’arch. Mauro Pifferi e l’arch. Gianlorenzo Ingrami, RUP della Diocesi di Reggio Emilia, e mons. Tiziano Ghirelli, Direttore dell’ufficio diocesano beni culturali – nuova edilizia.


La chiesa di Casoni di Luzzara messa in sicurezza

In particolare saranno illustrate a Tecnici 
e Imprese le procedure da ottemperare  
ai fini degli appalti imminenti e futuri.

Quello della ricostruzione è un processo “fisiologicamente” delicato, articolato, complesso: in campo c’è certamente il recupero delle agibilità degli edifici, ma anche il dover prevedere interventi di miglioramento delle risposte delle strutture storiche alle future sollecitazioni sismiche che potranno interessare il nostro Territorio. 





Lunedì 15 aprile 2013 ore 16,00
 
Sala Conferenze del Museo Diocesano
Via Vittorio Veneto, 6
REGGIO EMILIA


INFO: T 0522 1757930
 


 

martedì 9 aprile 2013

Sabato a Teatro per una iniziativa benefica
























A seguito della sospensione temporanea 
per restauri del Teatro comunale Ruggero Ruggeri di Guastalla, la rassegna “I nostar dialett” sarà ospitata presso il Teatro del Fiume di Boretto.


Sabato 13 aprile alle ore 21.00 sul palcoscenico del Teatro del Fiume andrà 
in scena la commedia tragi-comica in due atti 
di Franco Tagliati “I vizi dell'Onorevole” presentata dalla Compagnia Dialettale 
di San Martino di Guastalla. 

La storia, ambientata in una imprecisata località della Bassa Reggiana, ha per protagonista 
il vecchio rettore della parrocchia di una piccola comunità rivierasca sul Po: Don Pipino
Al parroco verranno fatte alcune sconvolgenti confessioni che porteranno allo scoperto le malefatte e l'abuso di potere esercitato da un influente personaggio politico. Toccherà proprio a Don Pipino dipanare l'intricata vicenda venuta allo scoperto e ricondurre sulla retta via l'Onorevole, ma non prima di averlo castigato per certi vizietti... mettendolo nelle condizioni di azzerare i debiti della parrocchia e ridistribuire un importante patrimonio di beni mobili e immobili ai bisognosi abitanti della piccola comunità.
  

La trama avvincente e le salaci battute, ne fanno una commedia esilarante che trae spunto in modo assolutamente ironico proprio dalle cronache che negli ultimi tempi hanno insegnato a tutti come la realtà possa superare di molto anche la più florida fantasia. 

Il costo del biglietto, acquistabile la sera stessa, 
è di 7,00 euro.

L’incasso della serata sarà devoluto all'Associazione Noi per l'Hospice di Guastalla.




















 
Info: Ufficio TEATRO
Guastalla, Corso Garibaldi 33
T. 0522 838923




  

lunedì 8 aprile 2013

Quando nel Po si pescavano i Pescigatto



















Decimato da malattie e nuove specie ittiche, 
il Pescegatto è divenuto il simbolo 
del cambiamento del Grande Fiume; 
ma se cambia un elemento del territorio come il Po, è inevitabile che muti la società e la cucina che intorno al fiume si è sviluppata.


Una volta, appena mezzo secolo fa, il Po era diverso; le sue acque erano “bionde” e non era raro ammirare nelle sue golene le lanche.Erano bellissime, le lanche, spazi golenali dove il fiume riusciva a trovare un freno durante le ondate di piena, riempiendo grandi avvallamenti più o meno naturali del terreno, tra la riva del fiume e l’argine maestro; e avevano nomi particolari questi lagoni che, con il ritiro delle ondate di piena, rimanevano pieni d’acqua per mesi e mesi: nella Bassa, tra Parma e Reggio, tra Mezzani e Brescello, una di queste lanche si chiamava la “Lanca di Gaetano”. Era enorme e aveva un colore spettacolare; blu oltremare, perchè oltre che raccogliere l’acqua delle piene del Po, riceveva alimentazione dalle sorgive che scendono dagli appennini. Un’altra lanca, ancora visibile, è quella della “Parma Morta”, a Mezzani, al centro di un progetto di tutela e valorizzazione ambientale.

La caratteristica ambientale delle lanche era semplice; quando il Po saliva di livello, le acque uscivano dal letto del fiume e raggiunevano le buche scavate dall’uomo o dalla corrente del Po, riempiendole d’acqua e formando così le lanche, in cui rimaneva intrappolata una buona quantità di pesce. Tinche, Cavedani, Barbi, Carpe; tutto finiva nella lanca e vi rimaneva fino alla prossima piena.

Il re della lanca era il Pescegatto, insiema alla Carpa; e questo per il semplice motivo che questa specie ittica, pur non essendo autoctona, aveva ritrovato il proprio ambiente nelle acque e nel fango dell’Eridanus, pur senza mettere in discussione le altre specie ittiche originarie.

Il Pescegatto è stato introdotto dall’America del Nord, tra la fine dell’Ottocento e il principio del Novecento; gli esemplari di questa specie, Ictalurus melas, difficilmente superano il chilo e hanno caratteristiche familiari ai vecchi pescatori del fiume: corpo tozzo e privo di squame, muso appiattito e con grandi baffi, colore verde oliva sui fianche e ventre giallo oro. Ma soprattutto una carne buonissima, che ha scatenato le capacità culinarie delle cuoche rivierasche.

Ma perché il Pescegatto è sbarcato sul Po? 
Nella Bassa è sempre stata lavorata la canapa, per i più diversi utilizzi; durante la lavorazione di questa fibra, una fase prevede la macerazione del prodotto grezzo. E nel corso della macerazione si sviluppavano delle larve, che mettevano in pericolo la lavorazione. Per questo motivo, si pensò di introdurre un pesce che potesse letteralmente divorare queste larve; ed ecco arrivare il Pescegatto, che da “pesce da lavoro” 
in breve tempo venne apprezzato anche come “pesce da tavola”. A partire dagli anni Settanta, però, il Pescegatto ha avuto vita grama, arrivando quasi all’estinzione dalle rive del Po.

Inanzitutto perché è cambiato il fiume, o meglio le golene, le quali hanno smesso lo stato naturale di zone di governo delle piene e, salvo rare e tutelate eccezioni, hanno lasciato il posto ai pioppeti.

Il terreno è stato quindi livellato e la golena è diventata nè più nè meno che territorio agricolo, industriale oltretutto; è così scomparso l’habitat naturale del Pescegatto, che prediligeva l’acqua calma e stagnante delle lanche, per riprodursi e svilupparsi.

Ma anche la nascita della pesca sportiva ha avuto il suo peso; il Pescegatto “nostrano” raramente supera il chilo, arrivado al massimo a un chilo e mezzo. Le nuove specie di Pescegatto, invece,  raggiungono tranquillamente i tre chili, come nel caso del Pescegatto africano; e questo ha scatenato i “lanci” di Pescigatto d’importazione nei laghetti dove veniva praticata la pesca sportiva. 

Il salto dai laghetti di pesca ai canali e al Po è sempre molto facile, per tutti i pesci; e così le nuove specie hanno guadagnato il territorio dove si era sviluppato tranquillamente il piccolo Pescegatto nostranizzato, portando malattie per le quali il nostro amico commestibile non era immunizzato.

Il resto l’hanno fatto altre specie alloctone, come il Siluro del Danubio o il Gambero della Luisiana; 
e ultimamente addirittura i Piranha.

Da non trascurare l’inquinamento delle acque, che ha decimato molte delle specie che da sempre vivevano sul Po; un caso su tutti, 
il Persico Luna, un bellissimo pesce rotondo che per i suoi colori verde e azzurro poteva essere scambiato, dai meno esperti, per un pesce tropicale.

Una volta c’erano i pescatori professionali, sul Po, che uscivano con le barche per mettere in acqua le nasse e per gettare i tramagli; vivevano rivendendo il pesce d’acqua dolce pescato nel Po e nei suoi affluenti, oppure nelle lanche. 

Oggi il Grande Fiume antropizzato dalla corsa al progresso “a-tutti-i-costi” è diventato un torrente, dove la corrente corre forte verso il mare, portando via per sempre tutto quello che rientra nei suoi gorghi: e con i pescatori del Po si è portato via le ricette e la bontà del pesce d’acqua dolce.

Donato Ungaro



da: water(ON)line