sabato 28 febbraio 2009

La Cultura della Buona Tavola












Le identità, anche dal punto di vista gastronomico, si formano
per le opportunità offerte dal territorio, le contaminazioni di stili,
le trasformazioni che la storia porta con sè.
Sia ciò che consideriamo cibo quotidiano, sia quanto eleggiamo a cibo dei giorni di festa, ci accompagna per tutta la vita e ci forma prima di tutto nella nostra memoria.
Sul sito www.arginemaestro.org è stato intavolato, scusate il gioco di parole, un forum che grazie alla partecipazione di tutti Voi naviganti potrebbe rivelarci gustosissime considerazioni e apprezzabili momenti di riflessione sui ricchi giacimenti enogastronomici della nostra terra.

martedì 24 febbraio 2009

Lasciano la Bassa per lavorare in Africa













La straordinaria esperienza in Madagascar
di due medici e un architetto
da: la Gazzetta di Reggio — 23 febbraio 2009


Dalla Bassa con il cuore in Madagascar

Tre professionisti hanno scelto di seguire don Emanuele Benatti

LUZZARA. In un Madagascar sempre più povero - e ora insanguinato da lotte di potere - tre professionisti della Bassa hanno deciso di dare il loro concreto contributo alla popolazione malgascia. Tre storie di solidarietà tutte da raccontare, partendo dalle parole di don Emanuele Benatti, direttore del Centro missionario diocesano, che per molti anni ha vissuto questa realtà: «Si vive tutto diversamente quando gli occhi, le mani, il cuore, il corpo hanno sofferto». Racconti di esperienze incredibili, di storie che confermano come nella nostra provincia i viaggi umanitari siano davvero tantissimi.

Alessio Pedrazzini, 37 anni, medico per vocazione? «Penso che nella mia decisione d’abbracciare la professione abbia influito il ricordo delle visite al pensionato di Luzzara che faceva mia mamma medico: mi lasciava con le suore mentre visitava i suoi anziani pazienti. Poi nel 1995 la decisione d’intraprendere la chirurgia ortopedica: assistetti alla conferenza di Elio Rinaldi, direttore della Clinica ortopedica di Parma, che riportava i risultati raggiunti nell’ospedale di Khulna, nel Bangladesh, dove aveva operato piccoli pazienti». Insomma, le missioni umanitarie erano «scritte» nel suo destino... «Già, ma la scelta di partire per una missione umanitaria è molto stimolante e sinceramente anche più semplice per un medico che per un’altra persona, poiché deve applicare le conoscenze nel medesimo modo. La scelta di partire è stata poi agevolata anche dal comune pensare con mia moglie Alessandra, anestesista che ha anch’essa prestato la propria opera a Khulna nel 2000. Sono stato in Bangladesh nel 2002, due volte in Madagascar». Operare in un Paese del Terzo Mondo: quali problemi ha incontrato? «Gli interventi chirurgici che si eseguono nei nostri ospedali ortopedici e traumatologici non sono riproducibili nel Terzo Mondo. La strumentazione è diversa, esattamente quella che era in uso 60 anni fa in Italia. Strumenti semplici ma facilmente reperibili e riparabili: scalpello, sega a mano, trapano. Ho avuto così la possibilità d’eseguire interventi come avvenivano un tempo e senza il controllo intraoperatorio dell’amplificatore di brillanza. Per questioni collegate al costo è meglio operare il numero maggiore di pazienti possibili, cercando di risolvere in un solo gesto chirurgico la condizione morbosa. Le malattie più trattate? Esiti di poliomielite, fratture, tumori, ustioni, deformità congenite». Progetti futuri? «Come rotariani di Brescello abbiamo da tempo sposato l’idea del “servire” come uno dei momenti forti del nostro sodalizio. Siamo partiti finanziando la costruzione di una casa per ragazze-madre nei dintorni di Lima, poi abbiamo rivolto la nostra attenzione al Madagascar.
Ma se mi chiede qual’è il progetto più importante le rispondo che è quello che verrà domani».
Tiziano Soresina


I grandi «sorrisi» di Andrea Pacchiarini

L'architetto ha realizzato una biblioteca

GUASTALLA
. Si può finire in Africa come turista e restarne colpiti a tal punto da volersi impegnare per le persone incontrate, cercando di rendere migliore la loro vita. E’ accaduto ad Andrea Pacchiarini, architetto attivo tra Guastalla e Massa. «Tutto è nato circa 5 anni fa - racconta - In un viaggio turistico in Madagascar sono venuto a contatto con situazioni particolari. Dopo due mesi, io e mia moglie siamo tornati là, prendendo contatti con gente del luogo: siamo entrati in rapporto con gli abitanti di Andasibé, un villaggio della foresta pluviale, in cui facevamo tappa». Nei primi tempi Pacchiarini portava alla gente aiuti estemporanei, come medicine, cibo, giocattoli. Col tempo, le sue iniziative si sono fatte più impegnative. «Nel 2005 abbiamo realizzato un ponte che permette ai bimbi dell’area più sperduta della foresta di raggiungere la scuola. L’anno dopo abbiamo messo in piedi una mensa: io, mia moglie e mia cognata ci siamo rimboccati le maniche, raccogliendo soldi in Italia con iniziative e costruendo fisicamente l’edificio». Ora l’architetto si occupa di un progetto ambizioso: «Quest’anno, col sostegno del Rotary di Guastalla, realizzeremo una biblioteca, abbiamo già acquistato i libri: aspettiamo che finisca la stagione delle piogge, dovremmo inaugurare lo spazio entro la fine del 2009». L’esperienza africana ha segnato moltissimo Pacchiarini, che vorrebbe estendere il suo vissuto ad altre persone. «Ho imparato più là che in vent’anni di carriera. In Italia non farei mai il muratore, là è diverso, si lavora insieme; quando si devono comprare i mattoni occorre andare nei fiumi e farseli fare. Ogni volta che torno a casa, restituisco il giusto valore alle cose: è importante che altri turisti facciano quest’esperienza, per rendersi conto della realtà e dare una mano, anche per pochi giorni: può sembrare uno sforzo minimo, ma dà molto, anche professionalmente». La biblioteca sarà anche un luogo per riunire i bambini, per i quali Pacchiarini è impegnato da anni: alla professione di architetto e designer, abbina l’incarico di direttore editoriale della casa editrice Briciole di Neve, occupandosi di letteratura d’infanzia. «Al mio progetto africano ho dato il nome “TSIKY”, che in malgascio significa “sorriso”. L’ho fatto pensando al sorriso di quei bimbi che con nulla sono contenti. Mi piacerebbe che fossero loro a scrivere un libro, magari parlando del grande parco naturale in cui si trova il loro villaggio: sarebbe bello che, anche attraverso i piccoli, la gente del posto capisse che la foresta non è solo una risorsa da abbattere».
Gabriele Maestri


Il sogno di Lino De Marinis

Tutto pronto per la realizzazione di una clinica

GUASTALLA. Realizzare un sogno che cambia la vita. Lino De Marinis, già autore di un libro fotografico sul Madagascar, potrebbe intitolare così la sua seconda opera dedicata all’isola africana. Il medico oculista guastallese con l’hobby della fotografia, infatti, dopo un sogno cullato sin dall’adolescenza, fece nel 2000 il suo primo viaggio nell’isola su cui operava don Emanuele Benatti, missionario luzzarese ora direttore del centro missionario. Seguirono altri due viaggi. Dottor De Marinis, perché proprio il Madagascar? «Già prima dell’università - spiega - desideravo recarmi anche temporaneamente, in Africa e rendermi utile in una missione. E quando l’amico Fabio Bovi mi invitò a seguirlo da Don Benatti, a Natale 2000 realizzai il mio sogno». Come è stato travolto dall’idea di fare loculista in quei luoghi? «Programmammo il viaggio ad agosto. Pensammo a come renderci utili in quel Paese, ma non sapevamo cosa avremmo potuto fare. Visite e occhiali erano le cose più semplici, visto che i malgasci non possono acquistarli. Ritenevo, però, più importante istruire qualcuno sul posto per distribuire occhiali che avremmo inviato in seguito dall’Italia». Cosa ricorda del primo incontro col continente nero? «Quando arrivai ad Antananarivo, la capitale, dove ci aspettava don Emanuele, l’impatto fu traumatico». Quando ha iniziato la sua missione? «Il 26 dicembre e per i tre giorni seguenti, visitai nell’ambulatorio medico dei Padri Dehoniani a Fianarantsoa». Perché ha portato nei due viaggi seguenti, i suoi figli? «Ho sempre creduto che un’esperienza all’estero, soprattutto in età giovanile, sia di grande importanza per l’arricchimento personale». Come ha pensato di realizzare una sala operatoria? «Ci accorgemmo presto di non aver visitato che una piccola parte della popolazione. A giugno 2006 tornai nell’isola africana con una collega, Cristiana Cantù e oltre ad effettuare visite, dovevamo valutare la possibilità di eseguire interventi di cataratta, destinazione Ampasimanjeva, villaggio in cui la diocesi di Reggio gestisce da 40 anni un ospedale, con un ambulatorio oculistico dotato di riunito, ottotipo luminoso e cassetta lenti». E arriviamo al suo progetto che realizzerà ad aprile. «Nel 2007 sono stato contattato da Vohangy, la responsabile sanitaria della missione di Ihosy che avevo conosciuto in precedenza. Volevano ristrutturare il loro centro sanitario e costruirvi una sala operatoria oculistica. Mi chiese di aiutarli, stilando una lista del materiale necessario e un preventivo dei costi, cercando di reperirli. Il progetto definitivo, approvato dalla diocesi e con il beneplacito del ministero della Sanità malgascio è stato presentato all’inizio del 2008. Pertanto decisi che a Ihosy il sogno si potesse realizzare».
Alessandro Zelioli

lunedì 16 febbraio 2009

Buon viaggio nella cultura dei codici a barre!


















Dopo una piacevole lettura domenicale, suggerisco e consiglio
la lettura di un libro graffiante che ironizza su vizi e virtù dei clienti.

"La cosa migliore che può capitarti in una giornata di lavoro
è che qualcuno ti rivolga la parola per chiederti: scusi, è aperta?"

Anna Sam
Le tribolazioni di una cassiera
Corbaccio edizioni
pp. 174 €12,60

Le tribolazioni di una cassiera è un libro che si legge piacevolmente per rilassarsi, divertirsi, capire e riflettere...
Fa crescere spontanea la necessità di prestare attenzione e rivalutare la figura di tanti lavoratori apparentemente "inesistenti".
Ne emerge una elementare raccomandazione:
Trattate le cassiere come degli esseri umani!

http://caissierenofutur.over-blog.com/
è l'indirizzo del blog da cui tutto ha avuto inizio...

domenica 15 febbraio 2009

Sculture del Rinascimento emiliano... in mostra












Guido Mazzoni e Antonio Begarelli.
Sculture del Rinascimento emiliano.
21 marzo - 7 giugno 2009
Modena, Foro Boario,
Via Bono da Nonantola 2

Una mostra importante, la prima dedicata agli scultori modenesi Guido Mazzoni e Antonio Begarelli, tra i massimi interpreti della scultura in terracotta del Rinascimento emiliano.
La rassegna illustrerà l'attività dei due maestri e il contesto che li ha visti operare, ribadendo la centralità della loro produzione nella scultura padana e nell'ampio panorama artistico, in parallelo alle più note vicende pittoriche e scultoree segnate da protagonisti quali Ercole de' Roberti, Giovanni Bellini, Nicolò dell'Arca,
Alfonso Lombardi, Jacopo Sansovino, Correggio e Raffaello.

La mostra sarà affiancata da una rete di itinerari in città e provincia che costituirà un imprescindibile complemento a un'esposizione che intende documentare e approfondire in tutti i suoi aspetti l'intensa attività dei due scultori modenesi.

A cura di: Comune di Modena – Museo Civico d'Arte,
Fondazione Cassa di Risparmio di Modena,
Soprintendenza per i Beni Storico Artistici e Etnoantropologici
di Modena e Reggio Emilia.

Coordinamento e informazioni:
Museo Civico d'Arte
Palazzo dei Musei
Viale Vittorio Veneto 5, Modena
tel. 059 2033122
www.mazzonibegarelli.it (in corso di allestimento)
Ingresso € 8,00

venerdì 13 febbraio 2009

Il pianeta Po













Troppi "orecchianti" seduti al capezzale del Grande Fiume

da: Giornale di Reggio di venerdì 13 febbraio 2009

Anna Maria Artoni è una guastallese puro sangue. Guastallese è suo padre, il cavaliere del Lavoro Luigi e guastallese era suo nonno “Cirilo”. Giusto sceglierla come personaggio col quale parlare del Po.
Ingiusto e sbagliato è stato intervistarla nel mezzo della bella piazza Bentivoglio di Gualtieri non perché si sia trattato di Gualtieri, ma è che “storicamente” non c’è alcuna attinenza tra la padanità del paese dei Bentivoglio e quella Piccola Capitale dei Gonzaga.
Infatti mi sembrava anacronistico sentire la Artoni parlare di quando suo nonno la portava a vedere il Po, oppure ricordare le cabine sulla spiaggia, tra l’altro sulla sponda mantovana, del mitico “Taschen”. Insomma Gualtieri era ridotta a mera cornice di un discorso che non riguardava affatto né la Artoni, né Guastalla. Forse il conduttore non era al corrente che fra Gualtieri e Guastalla c’è di mezzo il Crostolo che è un autentico confine etnico, tanto che cambia completamente il dialetto. L’esempio mi serve per spiegare che, per parlare del Po, del suo ambiente e della sua gente, bisogna conoscerlo profondamente, e non andare “ad orecchio”. L’impressione vera che ha suscitato in me la trasmissione condotta da Edmondo Berselli
è che il conduttore - autore sia un orecchiante, che si è servito dell’argomento Po per fare del consueto gossip.
Naturalmente cadendo nelle consuete banalità scambiando Zucchero con Wainer Mazza, oppure Pedar da Viadana, autentici cantori del Po; oppure ancora insinuare il concetto che Antonio Ligabue,
il pittore, sia un naif. Sono oramai vent’anni che per tutti, critica e pubblico, Ligabue non è un naif, bensì un artista dotato di un senso iperbolico delle sua realistiche visioni che tutto rappresentano all’infuori del Po. Naturalmente è saltata fuori la solita banale domanda: perchè tanti naifs sulle sponde del Po. Sarebbe stato sufficiente che avessero letto il romanzo di Gustavo Marchesi per avere la risposta. I veri naif padani sono sostanzialmente due:
Pietro Ghizzardi
e Mario Colombo e oggi Udo Toniato,
l’epilogo del cantastorie Andrea Mozzali.
Ma vaglielo a raccontare tutto questo a Berselli. Se voleva parlare di “arte padana” forse valeva la pena soffermarsi maggiormente sulla figura di Arnaldo Bartoli e riscoprire quella di Giovanni Miglioli.
Da ultimo Berengo Gardin, grandissimo fotografo che si lega al mondo padano per aver pubblicato un volume di fotografie titolato “Un Paese - 25 anni dopo”. Aveva rifatto le fotografie che 25 anni prima aveva scattato il grande Paul Strand. E Zavattini?
E’ saltato fuori che era un gran mangiatore e un gran bevitore. Balle.
Il pranzo di Zavattini era una cotoletta alla milanese, che cucinava lui stesso, e la sua bevanda era la Coca Cola. Era un grande frequentatore di osterie, da Sant’Anna di Poviglio a Villastrada di Dosolo. Dettava ricette, quelle sì e su quelle ricette Arneo Nizzoli ci ha costruito una fortuna. Ma di Zavattini avremo tempo per parlarne. Fra persone competenti e non tra “orecchianti”. Torniamo dunque a Mario Soldati o a Sandro Bolchi se vogliamo davvero parlare del Po.

Umberto Bonafini

giovedì 12 febbraio 2009

"La Madonna Grande"


















da: Obiettivo (Bollettino parrocchiale di Pieve) -04/2007-

La Basilica di Pieve custodisce un'opera di grande pregio: una statua in terracotta dello scultore Guido Mazzoni, detto il Modanino.
E' una Madonna con il Bambino sulle ginocchia denominata
"Madonna delle Grazie" (origine stimata attorno al 1490).
Fino al 1935, anno del restauro della Basilica, se ne ignorava l'autore. Più volte ci si è chiesto come una statua di tanto valente scultore fosse giunta a Pieve. Avanzo pertanto una mia plausibile risposta a tale quesito: il Mazzoni lavorò molto anche a Busseto, sotto i Pallavicino. Veronica, figlia del Signore di Busseto, aveva sposato il conte Achille Torelli di Guastalla. Probabilmente in tale circostanza portò con sé l'opera del Mazzoni che affidò alla Pieve, chiesa principale della contea. La statua fu collocata in un'apposita cappella al centro della navata di destra. Nel 1740, a causa del pericolante archivolto sopra l'altare della Beata Vergine, denominata volgarmente "la Madonna Grande", si diede inizio ai lavori di consolidamento.
I muratori impegnati nell'opera ravvisarono il pericolo di cedimento del muro verso il cimitero (oggi Parco della Basilica).
Fu necessario pertanto inserire due robuste chiavi di ferro per stabilizzare la parete. Si decise anche di riparare completamente la nicchia, dove era esposta e custodita la statua della Vergine. Quindi fondamentale rimuovere la statua vincolata alla parete attraverso il proprio piedestallo. Fu distaccata dal muro e portata temporaneamente in altro luogo sino al termine dei lavori. Dal 1627, per ben 113 anni, la statua non era mai stata rimossa dal proprio alloggiamento, pertanto Don Lazzaro Eustachio Rodolfi, Prevosto e Parroco, la fece trasportare in modo solenne per accrescerne la venerazione da parte del popolo. L'otto di novembre la statua venne esposta sull˜altare maggiore.
Si addobbò la chiesa e si celebrò la Messa cantata da Don Giuseppe Bernardelli, Canonico della Collegiata di Guastalla, con tutti i musicisti oltre alla partecipazione del Serenissimo Giuseppe Maria Gonzaga, Duca di Guastalla. Al pomeriggio il Vespro e una solenne processione con il concorso di molto popolo, non solo locale.
La statua fu riposta nella sua cappella dove rimase ancora per altri 186 anni. In seguito fu nuovamente rimossa e posta nell'attuale collocazione.
Tutte le puerpere accendevano una candela davanti alla statua e chiedevano l'aiuto alla Madre di Dio, probabilmente come aveva fatto Veronica alla nascita della figlia Ludovica, come testimonia la tradizione rimasta in auge fino agli anni sessanta del secolo scorso.

Gianni Dallasta

lunedì 9 febbraio 2009

Aperte le iscrizioni 2009!












Sono ufficialmente aperte le iscrizioni
all'Associazione L'Argine Maestro per il 2009.
Chi fosse interessato può inviarci una mail o contattare
direttamente il Presidente dell'Associazione: Daniele Daolio

martedì 3 febbraio 2009

" il Compleanno dell'Asilo di Pieve"
















Lunedì 9 febbraio 2009, nell’anno e nel giorno che celebra
il centoquarantesimo anniversario di fondazione della
Scuola dell’Infanzia del Bambino Gesù, prende avvio un nutrito programma di iniziative che costellerà il periodo primaverile
per culminare il 24 maggio 2009 con la grande Festa della Famiglia.

Nella mattinata, con una gigantesca torta di anniversario,
i bambini festeggeranno il “Compleanno della Scuola”.

Alle ore 20,30 nella Cappella della Scuola sarà celebrata
una S. Messa di Ringraziamento durante la quale verranno ricordati
i Soci, gli Amministratori e i Benefattori defunti.

Dopo un piccolo rinfresco per brindare all’eccezionale “Compleanno”
farà seguito l’Assemblea Generale dei Soci con la lettura,
la discussione e la messa in approvazione del Bilancio.

140 anni di consolidata esperienza formativa











Il primo accenno sulle origini della Scuola Materna di Pieve si rileva dallo Statuto adottato dall'Assemblea dei Soci.
L'articolo uno recita: "L'asilo infantile di Villa Pieve di Guastalla fu istituito nel 1869 sotto gli auspici dell'Associazione Nazionale degli Asili Rurali per l'infanzia, per impulso del benemerito Cav. Scaravelli Dott. Alessandro e col concorso continuo di benefiche persone".
Le vicende della Scuola Materna di Pieve gravitano fondamentalmente attorno a quattro periodi fondamentali contrassegnati comunque da una particolare impronta pedagogica, metodologica e statutaria, legata ai tempi, ai luoghi, alle situazioni e alle persone che l'hanno sostenuta, promossa, diretta e amministrata:
- Del primo periodo, dal 1869 al 1913, sono pervenute solo poche testimonianze che tuttavia si rifanno alle disposizioni scolastiche per le zone rurali.
- Il secondo periodo, che data dal 1914 all'approvazione a Ente Morale e alla ricerca di una collocazione stabile.
- Il terzo periodo, dal 1934 al 1994, caratterizzato dall'impronta educativa religiosa (fortemente desiderata dai Soci e dai vari Consigli succedutisi nel tempo) gestita attraverso la direzione e la presenza delle suore. Tre gli obiettivi specifici perseguiti: istruzione scolastica rurale, assistenza gratuita ai figli dei poveri e degli operai, educazione intellettuale e religiosa.
- Il quarto periodo, dal 1994 ai giorni nostri, che all'inizio si caratterizza con la fase della privatizzazione. La trasformazione della natura giuridica da Ente Pubblico (IPAB) a Ente di natura giuridica privata, la variazione della denominazione da Asilo Infantile di Vila Pieve di Guastalla (meglio conosciuto con il nome di: Asilo Infantile Regina Elena) in Scuola Materna del Bambino Gesù, l'approvazione del nuovo statuto e la modifica dell'oggetto sociale. Vale a dire: "L'Ente ha per scopo di educare, attraverso una Scuola per l'Infanzia, i bambini residenti nel Comune di Guastalla e comuni limitrofi, di assisterli e di istruirli tenendo conto degli orientamenti pedagogici-didattici dello Stato, curando la loro formazione integrale secondo i principi della Religione Cristiana Cattolica. Secondariamente svolge attività di supporto sociale e culturale per fanciulli in età scolare. Hanno titolo di preferenza nella fruizione dei servizi, i bambini che versano in condizioni di abbandono e di bisogno, o comunque in stato di disagio personale, affettivo, relazionale e sociale."
Nel 1998 si avviano i lavori di ampliamento (della struttura esistente, edificata tra il 1968 e il 1970) che culminano due anni dopo con l'inaugurazione della nuova ala di oltre 600 metri quadri di superficie complessiva che contempla una grande sala per attività libere, una sala riunioni, nuove aule, gli spazi della "Sezione Primavera" e locali accessori (tra i quali i servizi igienici progettati per rispondere anche alle esigenze di disabili).
La Scuola dell'Infanzia del Bambino Gesù, fedele alla sua tradizione e cosciente che il futuro è legato alla scelta dell'educazione, sull'esempio di Gesù che accoglieva i piccoli, incarna il principio della libertà dall'ignoranza e della libertà autentica dell'uomo e per l'uomo come dal messaggio evangelico e dai valori dell'educazione umana e cristiana.

Nella foto ricordo del 1919: al centro, tra i bimbi, la signorina Ines Motta di Tagliata (la Direttrice) e sulla destra la sua assistente, la signorina Albertina Gallusi.