Udo ci ha lasciato. Lo vogliamo ricordare
con le parole utilizzate da Umberto Bonafini
per "pennellarne" l'opera in occasione
di una personale del 2003 a Guastalla:
Guardi un suo quadro e vedi lui, l’artista.
Parlo di Udo. Udo soltanto perché per noi che lo frequentiamo da sessant’anni Udo è soltanto Udo. D’altronde non potrebbe essere altrimenti, nel senso che pochi artisti si sono così profondamente identificati con le loro opere.
Vedi Udo girare per via Gonzaga e subito lo collochi con le figure dei suoi quadri dove appare sempre, anche senza esserci. Non dipinge scenette con cammei.
I suoi quadri non pretendono di essere riconosciuti solo dalla firma. Si riconoscono a naso, direi quasi a fiuto. Odorano di guastallesità. Hanno un profumo antico.
Ci costringono a voltarci indietro per ricordare, nel vano tentativo di riconoscere un mondo, un ambiente che non ci sono più.
La sua è la guastallesità della memoria.
Forse è per questo che Federico Fellini amava i suoi quadri, anche perché rileggendo oggi i film del Grande Riminese vi scorgiamo i reperti della cultura fogazzariana. Quel “piccolo mondo antico”, di cui Udo è rimasto il solo, forse l’unico cantore. L’hanno definito un pittore naïf. Definizione che vuol dire tutto e niente.
Udo non è un naïf. E' unico.
Certo: alle sue spalle c’è una scuola, c’è una poetica riconducibile ad altri.
Non c’è accademia. Ma questo non basta per definirlo naïf, ingenuo, domenicale.
Ecco forse la più vera delle definizioni che si possono dare della sua Arte: è il pittore di tutti i giorni, le cui storie scorrono davanti ai nostri occhi con la levità, la leggerezza dell’acqua di un ruscello che scende a valle, limpido e quieto.
E' la pittura, racconto che, per capirla, non devi pensare, ma solo ricordare.
Ciao UDO.