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sabato 25 gennaio 2020

“Pièce unique”

Il più importante ritratto eseguito dal Correggio, esposto a Reggio Emilia fino all’8 marzo 2020 ai Chiostri di San Pietro


Ritratto di giovane donna
CORREGGIO

Un capolavoro dal Museo Ermitage di San Pietroburgo

Grazie al Ritratto di giovane donna, Reggio Emilia ripropone al pubblico, nella formula efficace del ‘pièce unique’, l’arte impareggiabile e la cifra antropologica del ‘suo’ Correggio, genio del Rinascimento.
E questo avviene in un contesto architettonico d’eccezione, frutto dell’impronta di un altro artista rinascimentale assoluto, quale fu Giulio Romano. Parliamo del contesto dei Chiostri benedettini di San Pietro, di recente oggetto di restauro e recupero funzionale su impulso di Comune e Sovrintendenza, ‘display’ culturale per la prima volta chiamato a ospitare un capolavoro della pittura di questo rilievo”.
La sorprendente visita a Reggio Emilia del Ritratto di giovane donna, è il primo esito per la nostra città della importante relazione con il Museo Ermitage — una delle istituzioni culturali più importanti del mondo, con oltre 4 milioni di visitatori e 3 milioni di oggetti conservati — a cui siamo grati quali prestatori dell'opera, nell'ambito del Protocollo di scambi culturali siglato di recente con la Fondazione Palazzo Magnani e il Comune.

L'esposizione della Giovane donna consente di riprendere anche lo stato dell'arte sui molti aspetti ancora incerti che caratterizzano il dipinto: il nome della persona ritratta, l'interpretazione dei segni e dei simboli che la ornano, le finalità per cui fu dipinta. Tutto ciò contribuisce a rendere ancora più coinvolgente l'esposizione di uno dei grandi capolavori della ritrattistica rinascimentale, equiparabile ai grandi ritratti di Leonardo e Raffaello.

Progetto a cura di Claudio Franzoni e Pierluca Nardoni in collaborazione con Tatiana Kustodieva.



Vademecum

Dal 24 ottobre 2019 all’8 Marzo 2020
Chiostri di San Pietro
via Emilia 44 - Reggio Emilia
Orari: da martedì a venerdì, 10:00 - 13:00 / 15:00 - 19:00

sabato, domenica e festivi, 10:00 - 19:00

Biglietto: € 5


Info: +39 0522 444446
info@palazzomagnani.it 

www.palazzomagnani.it


sabato 4 gennaio 2020

Quattro speciali domeniche al museo

Un ciclo di interessanti conferenze organizzate, a partire da domenica 12 gennaio, nell'ambito della mostra "Da Guercino a Boulanger. La Madonna di Reggio. Diffusione di un'immagine miracolosa" in corso al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia.

DOMENICA 12 GENNAIO ORE 16:00
Una immagine, un miracolo civico e un culto.
La Madonna di Reggio nell’età barocca.

con Daniele Menozzi e Carlo Baja Guarienti 

DOMENICA 26 GENNAIO ORE 16:00
Modena, la chiesa del Voto, Ludovico Lana
La Madonna della Ghiara e la peste del 1630

con Grazia Biondi e Angelo Mazza

DOMENICA 9 FEBBRAIO ORE 16:00
Il culto a Ferrara e a Piacenza nella prima metà del Seicento
con Giovanni Sassu, Federica Dallasta, Federico Ragni

DOMENICA 23 FEBBRAIO ORE 16:00
Porporati e notabili della corte estense e la diffusione del culto della Madonna di Reggio: gli emblematici casi di Villa d’Este e delle Marche
con Luca Silingardi e Maria Montanari


Tutti gli incontri sono a ingresso libero.

sabato 7 dicembre 2019

Un weekend della Madonna

Inaugurata da poche ore a Reggio Emilia la mostra Da Guercino a Boulanger. La Madonna di Reggio, diffusione di un’immagine miracolosa.


A cura di Angelo Mazza, tredici opere emblematiche, di cui dieci in mostra e tre inamovibili approfondite in catalogo, illustrano la rapida diffusione dell’iconografia della Madonna della Ghiara in Italia a cavallo tra XVI e XVII secolo, rispondendo ad esigenze devozionali di differenti ambiti sociali, culturali e geografici.

Meno di tre mesi intercorrono tra il miracolo di Marchino, garzone sordomuto del beccaio Ciano (29 aprile 1596), il processo istruito a Reggio e a Parma da teologi, canonisti e medici e l’approvazione finale a Roma da parte della Congregazione dei Riti e dello stesso Clemente VIII (22 luglio 1596). La medesima celerità caratterizza la diffusione del culto della Madonna della Ghiara che subito conquista Ferrara e Modena, qui rappresentate dalle pale d’altare di Carlo Bononi, dello Scarsellino e di Ludovico Lana, e si espande oltre i confini estensi per il moltiplicarsi dei prodigi.

I dipinti dell’esposizione documentano emblematicamente l’affermazione di quella devozione nei territori della Serenissima (la pala di Zeno Donise nel Bergamasco), nel ducato di Mantova (la pala di Francesco Borgani nella chiesa di Sant’Apollonia), in quello dei Farnese (la pala di Giovanni Lanfranco a Capodimonte, in origine a Piacenza) e inevitabilmente nelle città dello Stato della Chiesa con opere del Guercino, del Passignano e di Jean Boulanger, rispettivamente a Cento, Forlì e Pergola.


Risaltano quali espressioni della pietas personale, come rivelano i ritratti dei committenti “in abisso”, la pala di Zeno Donise della parrocchiale di Roncobello in Val Brembana, degli inizi del Seicento, e quella per la chiesa di San Pietro a Cento eseguita nel 1618 dal giovane Guercino; il pittore che conquista il pubblico reggiano con la superba Crocifissione montata nel 1625 sull’altare della Comunità, di fronte alla venerata Madonna di Reggio.

Orari di apertura
sabato, domenica e festivi: 10:00-13:00 / 16:00-19:00

Aperture straordinarie: 24, 27 e 31 dicembre, 2 e 3 gennaio; orario: 9:00-12:00
25 dicembre e 1 gennaio; orario: 16:00-19:00

Visite guidate gratuite 
domenica 8, domenica 15, domenica 22, mercoledì 25, giovedì 26, domenica 29 dicembre, ore 16:30
domenica 5, lunedì 6 gennaio, ore 16:30

L’iniziativa è ad ingresso gratuito e senza obbligo di prenotazione 

Info: Musei Civici REGGIO EMILIA

sabato 12 novembre 2016

Arte e design delle antiche terre di Matilde di Canossa



Una esposizione di opere in Ars Canusina sarà allestita nelle sale del Museo Diocesano per una settimana a partire da sabato 19 novembre 2016

Nella stessa data e nello stesso luogo, alle ore sedici, presentazione del volume "Arte e design delle antiche terre di Matilde di Canossa" perchè da quasi un secolo, a Reggio Emilia, si tramanda un sapere artigianale che attinge linfa creativa dalla memoria degli stilemi romanici dell'Italia mediopadana.























Come può la lingua figurativa che mille anni fa univa la cultura di tutta Europa reincarnarsi in pregiate opere artistiche d'oggi?

Per la prima volta il volume Arte e design delle antiche terre di Matilde di Canossa, attraverso lo studio della geometria medievale e del ricamo tradizionale, illustra come si concepisce un design romanico contemporaneo attraverso l'invenzione di un metodo originale e possibile grazie a Maria Bertolani Del Rio, una reggiana geniale e caparbia.



Info:
MUSEO DIOCESANO
via Vittorio Veneto 6
42121 Reggio Emilia
T. 0522 1757930
M. beniculturali@diocesi.re.it


venerdì 18 marzo 2016

Ridere delle dittature 1936 - 1943




















Inaugura sabato 19 marzo a Brescello la mostra che invita a scoprire il lavoro svolto da Guareschi per una delle più importanti riviste realizzate durante il Fascismo.



La mostra Giovannino Guareschi al “Bertoldo”. Ridere delle dittature 1936-1943, è stata realizzata da MUP Editore nel complesso dei Musei di Santa Giulia (Brescia) nel 2008, in occasione delle celebrazioni per il Centenario della nascita di Giovannino Guareschi. Ciò che viene proposto a Brescello è un estratto della mostra originale.

La mostra si colloca nel periodo milanese dello scrittore e negli anni della maturità, che Guareschi trascorse alla redazione del Bertoldo, una delle più importanti riviste umoristiche pubblicate durante il Ventennio fascista.

Quei formidabili otto anni del Bertoldo, dal luglio 1936 al settembre 1943, rappresentano una vera e propria fucina di modi e di tecniche narrative per far ridere, uno dei vertici raggiunti dalla narrativa umoristica italiana del ‘900.

La mostra, pur nella sua riproposizione parziale, analizza il contesto storico e culturale tra i due conflitti mondiali, in cui nacquero alcune delle più belle e importanti riviste umoristiche e satiriche italiane. Un tassello utile a spiegare un tema complesso, quello dell’umorismo satirico sotto la dittatura di Mussolini: in un momento in cui la stampa umoristico-satirica è controllata, il Bertoldo riesce a far sorridere, in alcuni casi perfino a deridere il fascismo e le sue manie in modo intelligente e sottile.

L’esposizione propone numerose riproduzioni di vignette umoristiche e satiriche pubblicate sul Bertoldo. Alcune di queste illustrano campagne politiche e sociali imposte dal regime, mentre altre sono in grado di raccontare il tentativo di Guareschi - e di altri redattori del Bertoldo - di sgretolare, attraverso l’umorismo, i pilastri del consenso al regime; altre infine raccontano i profondi mutamenti sociali e morali dell’Italia.

Grazie all’alta qualità grafica, le vignette del Bertoldo sono da considerarsi vere e proprie opere d’arte, utili per guardare da un’angolazione nuova, divertente e complessa, la storia italiana della prima metà del ‘900.

 

 
Monte Università Parma Editore
Fondazione Paese di Don Camillo e Peppone
Con il patrocinio del Comune di Brescello


GIOVANNINO GUARESCHI AL “BERTOLDO”
Ridere delle dittature 1936 - 1943


BRESCELLO 19 marzo / 1 maggio 2016


Sala espositiva del Museo 
“Brescello e Guareschi, il territorio e il cinema” in via Cavallotti, 24 
 


INGRESSO LIBERO
 
Orari di apertura:
Lunedì / Venerdì: 9:30 - 12:30 / 14:30 - 17:30
Sabato / Domenica / Festivi: 9:30 - 12:30 / 14:00* - 18:00*


*(con l'entrata in vigore dell'ora legale 14:30 - 18:30)
 

Info: Ufficio Turismo tel. 0522 482564
ufficioturismo@comune.brescello.re.it


In occasione della mostra, il volume Giovannino Guareschi al Bertoldo sarà in vendita al bookshop del museo a €12,00 anziché €29,00

 

 

domenica 13 settembre 2015

Nel segno dei Gonzaga



In chiusura la mostra genealogico-iconografica a cura di GianCarlo Malacarne



I Gonzaga  in mostra al Museo Diocesano di Mantova in un’esposizione frutto di un lavoro di ricerca durato anni, in cui, grazie alla disponibilità dei collezionisti privati, ho ricostruito l’albero genealogico gonzaghesco attraverso i volti dei protagonisti.  

“Gonzaga. I volti della storia” 
è il titolo della mostra, allestita nella Sala delle Colonne del Museo diocesano “Francesco Gonzaga” di Mantova fino al 20 settembre prossimo. Dalla rassegna del 1937 in Palazzo Ducale non si era più vista, a Mantova, una mostra di questo genere, in cui le immagini si leggono in funzione della storia di una dinastia, narrando secoli di fasti e glorie, ma anche di efferati delitti e nefandezze commessi in nome della ragion di stato. Da anni dedico i miei studi a sondare l’universo Gonzaga e ho rintracciato in collezioni private quelle immagini di cui Mantova fu privata durante le note e tristi vicende che causarono la spoliazione delle collezioni Gonzaga, disperse tra musei e raccolte private in tutto il mondo. Immagini che non ritroviamo più, se non in minima parte, nei musei mantovani: i ritratti dei protagonisti della grande stagione del potere. Molti di questi volti sono fortunatamente affidati, oggi,  alla custodia di collezionisti privati, i quali hanno aderito con entusiasmo al progetto che ha dato luogo a questa mostra. Cento gli esemplari presenti tra medaglie, armi, ceramiche, mappe genealogiche e dipinti, i quali ricostruiscono il mondo estremamente sfaccettato della dominazione gonzaghesca, soffermandosi tanto sul ramo principale della famiglia quanto sui numerosi rami cadetti presenti per oltre quattrocento anni sul territorio mantovano e non solo, senza dimenticare il periodo dell’annessione monferrina ed il ramo cadetto di Vescovato, ancora in essere. Il corpus di dipinti, anche di notevoli dimensioni, costituisce una novità assoluta che si svela per la prima volta al pubblico. Uomini e donne del potere che hanno lasciato un segno tangibile sul nostro territorio dialogano con i visitatori guardandoli negli occhi e raccontando la loro storia personale, ricomponendo così, come in un puzzle, le complesse vicende dinastiche che costituirono quel tempo esaltante e mai dimenticato.
È una rassegna che non privilegia esclusivamente il ritratto in quanto tale, ma intende penetrare l’essenza stessa dei personaggi rappresentati, raccontandone la storia e leggendone l’anima. 
Si incontra, ad esempio, la sventurata Margherita Farnese, che causa l’imene corneo fu ripudiata dal marito Vincenzo I; Margherita di Savoia, moglie di Francesco IV Gonzaga, inutilmente sacrificata sull’altare della pace tra le due famiglie, mirabilmente immortalata dal Pourbus; il cardinale Ferdinando, successivamente diventato duca di Mantova, presente in entrambe le condizioni; Giovanni Gonzaga con la moglie Laura Bentivoglio, cadetti di Vescovato, rappresentati su due lattole lignee quattrocentesche; la misteriosa ed inquietante Matilde d’Este, moglie di Camillo III Gonzaga di Novellara, legata per sempre alla nefanda e tragica “acquetta”; Eleonora de’ Medici, moglie di Vincenzo I, ritratta con il primogenito Francesco da Lavinia Fontana; Antonio Ferdinando e Giuseppe Maria Gonzaga, ultimi della schiatta guastallese, immortalati insieme alle mogli là, a raccontare le loro crude storie. Oltre ai dipinti sono esposte alcune mappe genealogiche di eccezionale bellezza e valore documentario, che rimandano a una ricerca effettuata in epoca lontana sulle origini di una grande famiglia, sulle sue diramazioni, sugli imparentamenti, sapienti e finalizzati al mantenimento del potere in tempi oscuri e saturi di pericoli. Un coacervo di dati che, al di là della funzione strettamente documentaria, presentano espressioni artistiche di grande rilievo, come, ad esempio, la pergamena dedicata a Vespasiano Gonzaga del ramo cadetto di Sabbioneta, realizzata intorno agli anni ’50 del Cinquecento, con numerosi tondi fondo oro. Inoltre medaglie in oro, argento e bronzo pertinenti diversi personaggi di Casa Gonzaga, riconducibili ad artisti di conclamata importanza, quali Pisanello, Sperandio, Mola ed altri. Infine, la mostra ospita oggetti di particolare significato: ceramiche, libri, cofanetti, armi, appartenute alla famiglia e recanti inequivocabili segni distintivi che testimoniano storie gonzaghesche di grande spessore e afflato artistico.




























Quello delle opere d’arte esposte al pubblico nella mostra “Gonzaga. I volti della storia” è immaginabile come un viaggio infinito, che dura da cinque secoli e mai si concluderà finché resterà vivo e pulsante il desiderio di penetrare i misteri della storia anche nell’analisi di quei personaggi che in prima persona scrissero sapide pagine di un racconto così saturo di suggestioni da farsi mito. È come una marea che si alza a incutere timore, un’esondazione di sentimenti e di ricordi, un palpitare furioso che induce a correre con la mente ad un tempo lontano, permeato dal mistero che si coglie negli sguardi immobili di coloro che furono grandi ma ora non sono più; di coloro che paiono voler gridare al mondo, rifiutandola, la innaturale immobilità che li rivela ai nostri sguardi desiderosi di vita, di storie. Ritratti che immergono in una condizione di pathos alla quale affidarsi per comprendere e godere di un inusitato livello di comunicazione. 
Come Ulisse mille avventure visse e a lungo vagò per terre e mari prima di tornare a Itaca, la sua isola, la sua casa, così questi dipinti, dispersi in un’oceano virtuale, per un poco ritornano al luogo d’origine, a far parte di una vicenda inalienabile e scintillante che li vide protagonisti ma, ora, in attesa di salpare nuovamente le ancore e vagare nell’Infinito.
Bisogna guardarli quei ritratti. Bisogna soffermarsi a cogliere e far proprio il crogiolo di sentimenti che li pervade, le ansie, le gioie e le angoscie che occhi imbambolati e sguardi increduli rivelano e narrano a chi  desidera andare al di là di ciò che la tela rivela con immediatezza e, a volte, in modo mendace, ingannevole. Andare oltre il mero strato di colore fino ad incontrare l’anima. Non ci si dovrà fermare al mero aspetto fisiognomico o cercare di indovinare il nome del personaggio rappresentato, ma affidarsi ad una riflessione profonda, che mira a cogliere le emozioni che dal ritratto trapelano, abbandonandoci ad una sorta di transfert che ci calerà non soltanto nella storia, ma nel personaggio stesso. Diversamente la nostra resterà un’osservazione sterile, vuota di contenuti. Concediamoci un istante allo sguardo della sventurata Margherita Farnese, che ci riversa addosso tutta la sua greve malinconia e disagio e vergogna. Lei, proiettata per nascita ai fasti più esaltanti della dinastia mantovana, andata in sposa al “duchino” Vincenzo di Guglielmo Gonzaga, invece finita prigioniera senza speranza, sepolta in un convento a scontare il peccato di esistere. Lei, aperta a un divenire gioioso e invece percorsa e umiliata nella sua più nascosta intimità da mani algide e lubriche che cercavano un male oscuro nel quale far affogare i suoi sogni di giovinetta. Lei, per quel maledetto “imene corneo” eletta suo malgrado a protagonista di una storia volgare politicamente dirompente, costretta a chinare il capo davanti alla ragion di stato e morire agli occhi del mondo aristocratico che l’aveva generata. Soffermiamoci a mettere i nostri occhi in quelli incantati e sinistri di Matilde d’Este, consorte di Camillo III Gonzaga di Novellara; subito ci impossesseremo della dimensione di follia che pervase i suoi giorni, e leggeremo nel composto viso diafano e riccioli civettuoli aggettanti sulla fronte e sguardo tagliente e infingardo, la terribile vicenda che accompagnò la sua vita, che la spinse a creare il mortifero veleno che un nome dal suono argentino, leggiadro e incorporeo occultava alla conoscenza, al sospetto, allo spavento: “acquetta”. Forse un fremito ci percorrerà quando incontreremo il ritratto in armi di Francesco I Gonzaga. Il IV capitano di Mantova, uomo cinico e terribile, condannò alla decapitazione, per un adulterio mai commesso, la moglie Agnese Visconti insieme al suo presunto amante, Antonio da Scandiano, appeso per il collo a scalciare al vento, una gelida notte del febbraio 1391. Leggenda vuole che la sventurata Agnese si sia a suo modo vendicata di tanta menzogna e crudeltà, togliendo al suo assassino l’identità visiva che la storia tramanda ai posteri, perché per uno di quegli inintelligibili interventi del fato, l’immagine che del Gonzaga ci è pervenuta pare sia invece riconducibile a lei, all’innocente Agnese, giustiziata perché colpevole di non aver dato al signore di Mantova il figlio maschio che la dinastia pretendeva e di essere feroce nemica di Gian Galeazzo Visconti di Milano, suo cugino, divenuto alleato di Francesco Gonzaga, che gli aveva assassinato il padre Bernabò. Mettiamo i nostri occhi nello sguardo allucinato di Antonio Ferdinando di Guastalla, rapito da morte più che atroce e in quelli dell’altezzosa Teodora d’Assia sua sposa; scrutiamo anche il povero Giuseppe Maria, destinato a chiudere nel nulla una dinastia che fulgide pagine di storia aveva scritto. Sì, bisogna guardarli quei ritratti e cogliere da essi il racconto che il sapiente e fatato pennello di pur anonimi artisti ha saputo consegnare alla storia senza infingimenti, in un inarrestabile processo di immortalità. Bisogna leggere per ognuno le storie sature di pathos che li accompagnano e cogliere nei visi, negli occhi, e nella solo apparente immobilità, il racconto di vite che nel bene e nel male accompagnarono l’incedere di una dinastia tra le più longeve d’Europa, e il desiderio che bocche inesorabilmente chiuse non possono urlare per far sapere al mondo mille misteriose verità e accadimenti e segreti. Intrecci matrimoniali, lungimiranti strategie, politiche inesplicabili e vagheggiate contese in armi, sogni scintillanti a lungo accarezzati e conturbanti chimere inseguite per secoli; ecco cosa esprimono nascostamente quei ritratti, muti ma mai silenziosi,  proiettati ad un livello di comunicazione che si può cogliere soltanto andando oltre l’immagine. Dietro l’immagine. Dentro l’immagine.

GianCarlo Malacarne



Alla mostra aderiscono, oltre a numerosi collezionisti, la Biblioteca Maldotti di Guastalla, il Museo Gonzaga di Novellara, la Biblioteca Teresiana di Mantova e la Collezione Unicredit con significativi prestiti.

Per ulteriori informazioni e prenotazioni:
Museo diocesano Francesco Gonzaga  
Mantova, Piazza Virgiliana 55 
tel. 0376 320602 
info@museodiocesanomantova.it 

martedì 26 maggio 2015

INVITO ALLA VISITA


Da giovedì 28 maggio e fino al 31 ottobre 2015 apre la mostra storico-artistica “Bellezza del sapere, bellezza del fare. Vita, arte e cultura al Collegio della Guastalla dal 1557 ad oggi che sarà visitabile nella sede del Collegio della Guastalla (viale Lombardia, 180 in Monza) per ripercorrere l'itinerario della nascita e dell'evoluzione lunga l’arco di quasi 500 anni di un istituto scolastico per fanciulle “pericolanti”, 
uno dei Collegi più antichi del mondo.

[...] Ci balzò subito agli occhi come fossero molte le giovanissime “pericolanti”, che la mancanza di una dote esponeva a matrimoni tristi o alla perdizione. Ne incontravamo a decine: avevano bisogno di un luogo che ne promuovesse la maturazione e l’inserimento sereno nella comunità e, cosa ancor più sorprendente quando noi stesse la realizzammo, la comunità aveva bisogno di loro! Ecco cosa avremmo fatto: un Collegio per fanciulle disposte con la purità del cuore a ricevere la forma delle belle virtù! 
Misi a disposizione del progetto quanto rimaneva delle mie sostanze, che non era poco. Acquistammo il terreno necessario nel quartiere di Porta Romana. Non ci sarebbero state celle nel nuovo edificio, ma ampie stanze in cui le ragazze avrebbero imparato a leggere, a scrivere, a ricamare, a godere di quelle oneste ricreazioni che non facessero loro rimpiangere la casa paterna. Lì avrebbero soprattutto vissuto nella sequela di donne virtuose, in un rapporto individuale, fino all’età di ventun’anni, quando ad ognuna sarebbe stata corrisposta la cifra ragguardevole di 2.000 lire imperiali, perché ne disponesse come dote per intraprendere liberamente la vita matrimoniale o quella religiosa. Di una fanciulla, infatti, per farne una donna non è sufficiente nutrire il corpo in modo equilibrato e la mente in modo creativo, ma bisogna anche e soprattutto nutrire il cuore, alimentare il desiderio e sostenere la libertà.

La mostra è stata realizzata col patrocinio 
dei Comuni di Milano, Monza e Guastalla, 
della Regione Lombardia, oltre che da EXPO2015






















All'inaugurazione delle ore 18.00 presso il Salone d’Onore del Collegio della Guastalla, si somma la presentazione al pubblico del libro di Valeria De Domenico e Annalena Valenti: “La grande avventura di Ludovica, Contessa di Guastalla”.

Scritto in italiano e in inglese, il volume che si propone ad ogni tipo di lettore (dai 7 ai 99 anni) è dedicato alla fondatrice del Collegio: l’affascinate figura della contessa Ludovica Torelli, vissuta tra il 1499 e il 1569. Ispirandosi alle tante lettere rinvenute nell’archivio della scuola, le autrici hanno voluto raccontare la storia di questa grande figura di donna del’500, attraverso una lunga lettera immaginaria che la stessa contessa, pochi mesi prima di morire, avrebbe potuto scrivere ad una bambina del collegio. La parte narrativa è arricchita da una timeline storica, immagini, disegni e approfondimenti che inquadrano i fatti all’interno di un più vasto scenario storico, 

in modo dinamico e graficamente accattivante.

Per ulteriori informazioni www.guastalla.org


venerdì 20 marzo 2015

Un prezioso tappeto di pietra



Grande attesa per la “rivelazione” pubblica del mosaico di IV secolo D.C. scoperto nella cripta della Cattedrale di Reggio Emilia, mentre prosegue il XXI Colloquio AISCOM (Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico), che vede al centro dell’interesse il prezioso tappeto di pietra reggiano.


L’evento, promosso da Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna e dall’Ufficio beni culturali della Diocesi, in occasione della XXIII edizione delle Giornate FAI di Primavera, è presentato in anteprima ai convegnisti del XXI Colloquio AISCOM (Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico) in corso a Reggio emilia proprio in questi giorni nelle tre sedi dell’Aula Magna dell’Università, dei Musei Civici e della Cattedrale.

L’inaugurazione dell’esposizione alla presenza delle massime Autorità cittadine è prevista per il pomeriggio di venerdì 20 marzo, quando il vescovo Massimo Camisasca e Luigi Malnati neo soprintendente all’Archeologia dell’Emilia Romagna, taglieranno il nastro e presenteranno il valore storico, artistico, culturale dello splendido reperto, non a caso definito il più bel mosaico di IV secolo ritrovato in area emiliana.

Del prezioso tappeto in tessarae versicolores “tessere policrome” si stanno occupando esperti internazionali riuniti nel convegno annuale degli studiosi del mosaico, le cui discussioni si concluderanno in una sessione sul tema dell’iconografia e del restauro, anche dell’opera reggiana, sabato mattina nella suggestiva cornice del coro della cattedrale.

Per ulteriori informazioni:

DIOCESI DI REGGIO EMILIA - GUASTALLA
Ufficio Beni Culturali - Nuova Edilizia


MUSEO DIOCESANO
Via Vittorio Veneto 6
42121 Reggio Emilia
Tel 0522 1757930 
mail beniculturali@diocesi.re.it

domenica 29 dicembre 2013

Grande concorso SMEG










































Il Cibo Immaginario
1950-1970 Pubblicità e immagini dell’Italia a tavola.

 
Curata da Marco Panella, la mostra prosegue  

fino al 6 gennaio 2014 al Palazzo delle Esposizioni di Roma in un susseguirsi di immagini da osservare una ad una cogliendone l’evoluzione dei paradigmi di comunicazione ma soprattutto 
la portata evocativa ed emozionale. 

Una storia visiva suggestiva, nella quale rintracciare i segni del cambiamento di un’Italia che corre veloce dalla Ricostruzione fino all’Austerity e che nel cibo e nei modi del mangiare trova un media fortissimo 
e misura il suo affrancamento sociale. 

Tra le oltre 300 immagini che rendono fruibile 
per la prima volta al grande pubblico un percorso ragionato che recupera un giacimento culturale che ha segnato la modernità italiana, ci piace segnalare la presenza dalla SMEG (una grande azienda del nostro territorio) attraverso l'espressione del comunicato di un singolare concorso che mette in palio per gli italiani un pollo al mese per un anno.

Con quelle pagine, le pubblicità del cibo precorrevano i tempi, ne esaltavano le tendenze, alimentavano un sistema di ambizione 
e di rincorsa sociale.

Viste oggi a distanza di decenni ci restituiscono intatta l’immagine di una Nazione che aveva fiducia in se stessa e, pur con tanti tratti di ingenuità, in cammino verso la modernità.




domenica 10 novembre 2013

Sguardo d’artista ...la mostra prosegue























Mario Daolio, guastallese, classe 1930, ne ha di cose da raccontare, storie di vita e di passione artistica. Emigrato in Francia nel 1949, come tanti figli della nostra terra, da una Guastalla (rurale e scarsamente industrializzata) uscita impoverita dalla guerra. Sollecitato da una sorella, andò, a Nancy dove lavorando a bottega apprese il mestiere del verniciatore di mobili. Un mestiere che qualcosa di artistico ha: scelte cromatiche, uso dei pennelli, senso del bello, Così tra vernici, colori e quadri da incorniciare, Mario sviluppò la passione per l’arte ed in particolare per la pittura. È un puro autodidatta; acquistò libri e quando non poté farlo, per mancanza di denaro li consultò, vide stili classici e contemporanei, osservò e si sperimentò alla ricerca di una propria via e un proprio stile. Dopo 8 anni di “esilio” ritornò nella città natale portandosi l’esperienza ed il mestiere di verniciatore e di corniciaio, ma soprattutto quella passione, nata spontaneamente, per il bello e per l’arte.
Aprì una sua bottega e parallelamente alla professione iniziò a dipingere paesaggi, ritrarre persone, rappresentare cose.

La sua è spesso una pittura dal vero, nel solco degli impressionisti.
 

Quante volte lo abbiamo visto con il cavalletto 
e la cassetta dei colori legati con un elastico al motorino, percorrere il viale che porta a Po o su qualche carraia immersa nella campagna, alla ricerca di angoli da fissare sulla tela o sui fogli da disegno. Amante della natura selvatica lo si sé visto sulle rive dei fossi a raccogliere i “luartis”, gustosi asparagi selvatici, o a ricercare le punte 
di ortica per ottenere inimitabili tortelli verdi.



 


















 
Ma la sua bottega di fronte al teatro, aperta fino a poco tempo fa, è qualcosa di straordinario a metà fra l’atelier e il luogo di ritrovo
Un coacervo di cose: pennelli, tavolozze, colori, cornici, vernici, sedie impagliate, cavalletti, specchi, bottiglie, bicchieri, quadri alle pareti, libri d’arte aperti o accatastati e armadietti che pare nascondano pozioni miracolose, addossata alla parete, sul lato sinistro dell’ingresso, troneggia poi una grande stufa a legna che dona 
al tutto un senso di calore e naturalezza d’altri tempi. Ed il tempo pare si sia fermato in quel luogo che affascina il visitatore ed il turista affacciandosi fotografa tra la curiosità e lo stupore.

Ma quella non è solo una bottega è un luogo d’incontro, di socialità dove tra un bicchiere 

di rosso ed un caffè escono i ricordi: si parla di quotidianità, di politica, di pittura ed è in quel luogo dove si ritraggono gli amici e i personaggi 
di una piccola comunità.

Altri pittori, altri appassionati del bello, ma anche amici e gente comune si confrontano con Mario, portano i loro quadri, li fanno incorniciare 

e intanto cercano una valutazione estetica.

Daolio è sempre accogliente chiama all’interno 

di quella bottega chi passa sulla via e dalla porta sempre aperta da primavera ad autunno escono risate e dialoghi serrati che terminano in giocose espressioni dialettali.

Tutto questo ora non esiste più. Mario ha chiuso la bottega, ma ne conserva la memoria come anche noi del resto.
Un pezzo di storia che rimane nell’uomo e nelle sue opere. Opere in bella mostra da committenti, amici ed estimatori.
Un tassello che con altri compone la fertile vicenda artistica di Guastalla. 















I Paesaggi

La rappresentazione del paesaggio padano è particolarmente presente nelle opere di Mario Daolio. Il tema è circoscritto ad una sistematica raffigurazione di casali, qualche pieve e rari scorci di paese. La tecnica usata è varia, dall’olio, al pastello alla matita all’acquerello, in una visione diafana, quasi onirica. I contorni sono scarsamente definiti con colori astratti che ci ricordano i paesaggi di Morandi. Gruppi di case, con macchie di verde, covoni di fieno, strade polverose, quasi mai la presenza dell’uomo; 

si respira un senso di solitudine di  abbandono metafisico; i colori man mano si trasformano 
nel tempo, dal naturalismo delle prime opere 
ad accesi, per trasformarsi poi in un monocromo inquietante, livido dettato da sofferenze 
ed emozioni.


Nature morte
   

Frutta, vasi di fiori, composizioni morandiane con bottiglie e bicchieri, pannocchie, zucche, sospesi in piani indefiniti dove l’occhio è catturato dalla composizione, in uno spazio senza linee che racchiuda o sostenga l’oggetto narrato. È una chiara evoluzione che cogliamo nelle varie nature morte, dalle prime descritte cromaticamente con precisione ad una successiva e costante perdita di definizione quasi diafane acquose, come se sull’immagine fosse piovuto e quella pioggia 
ne avesse  deformato i contorni. I fiori poi sono macchie di colori che rimandano, ad echi impressionisti nella loro forza compositiva.


































 
I Ritratti
   
Intensi, emotivamente descrittivi, dal sapore espressionista, dove la somiglianza è anche rappresentazione interiore; i ritratti di Mario Daolio sono realizzati con tratti nervosi in monocromi rosso sanguigna, carboncini, matite, pastelli. La tecnica va oltre gli strumenti, le dita diventano pennello e matita. I personaggi sono guastallesi che appartengono alla memoria collettiva. I tratti accentuati ne segnano 
i caratteri ed in alcuni casi i volti svaniscono, 
per diventare astrazione.



Testo di Fiorello Tagliavini
Immagini di Donato Natuzzi











Mario Daolio
Sguardo d’artista - Dipinti e disegni

dal 5 ottobre al 3 novembre 2013

Palazzo Fracassi
Corso Garibaldi, 33
Guastalla (Reggio Emilia)

MOSTRA PROROGATA FINO AL 25 NOVEMBRE



Orari di apertura:
Mercoledì, Sabato e Festivi
10.00/12.30 - 15.30/18.30

Info: Ufficio Cultura 0522 838923





domenica 13 ottobre 2013

Dal Po all'Appennino, uno straordinario racconto fotografico con le immagini sognanti dell'infrarosso.



"Giorgio Andreoli è un ritrattista dell'anima, un cercatore di sensazioni sopite e un reporter di sentimenti sinceri."

Se ne volete la prova non perdete la sua mostra fotografica: i Blu, aperta fino al 20 ottobre 2013 nelle sale di Palazzo Bentivoglio a Gualtieri (RE)

(...) uno straordinario richiamo alla nostra essenza che si fonde da sempre, nutrendosene, col sogno e con la fantasia.
 


Daniele Daolio













La foto di apertura è di Fausto Franzosi



domenica 19 maggio 2013

Zavattini e i Maestri del Novecento



Zavattini e la collezione 8 x 10 (da: www.amicidibrera.it)

















La passione per l'arte non ha misura e Cesare Zavattini l’ha dimostrato con la sua collezione “eccezionale” per formato e numero: circa millecinquecento quadri piccolissimi, solo otto centimetri per dieci. Universalmente noto per la straordinaria attività di scrittore e sceneggiatore del cinema neorealista, Zavattini coltiva costantemente un’altrettanto entusiasta dedizione all’arte, alla pittura soprattutto di cui è sia autore che accanito collezionista. L’interesse per il pennello è una “folgorazione”, la scoperta di un “divertimento”, che lo porta a dipingere e a circondarsi per tutta la vita di quadri:  

“... Che gioia profonda mi danno i quadri, se avessi soldi non farei altro che comprare quadri”.

Infatti in circa quarant’anni Zavattini ne raccoglie quasi 1500, in una collezione unica soprattutto per il formato prescelto: 8 x 10 cm. Non potendo permettersi “quadri grandi perché costavano troppo”, ripiega sui “piccoli” e si inventa il collezionismo di “opere minime”.
 
La raccolta, iniziata nel 1941, trova spazio nella casa romana di via Sant’Angela Merici, le cui pareti in breve tempo si rivestono completamente di una tappezzeria di minuscole: nature morte, paesaggi, soggetti astratti, ritratti e soprattutto autoritratti. 

“A tutti i pittori ho chiesto l’autoritratto, così ho anche gli autoritratti di quasi tutti i pittori italiani nelledimensioni suddette”. 

Lo circondano per anni i volti di: Fontana, Burri, Balla, De Chirico, Savinio, Capogrossi, Severini, Rosai, Casorati, Sironi, Mafai, Soffici, De Pisis, Campigli, Afro, Consagra, Depero, Guttuso, Sassu, Dorazio, Manzù, Leoncillo, Melotti, Marini, Schifano, Vedova, Rotella, Festa, Turcato, Munari, Pistoletto, Plessi, solo per citarne alcuni. Ogni dipinto appare opera singola e autonoma, esemplare raro nella produzione dell'autore, e allo stesso tempo parte di una serie, anch’essa unica nel suo genere. La rarità e preziosità della collezione Zavattini risiede soprattutto nell'essere realizzata interamente su commissione.

Purtroppo nel 1979 Zavattini è costretto, per ragioni economiche, a vendere questa “enciclopedia della pittura del Novecento”, che verrà quindi smembrata e in parte dispersa. Nel 2008 un consistente nucleo di ben 152 dipinti, t utti “autoritratti”, viene recuperato e acquisito al patrimonio pubblico nazionale, come proprietà della Pinacoteca di Brera. Conservati per anni in deposito e recentemente sottoposti ad accurato restauro - e ripristino delle cornici originali, perdute al momento della vendita - gli splendidi Autoritratti minimi di Brera sono presentati per la prima volta al pubblico in una mostra dedicata alla storia della collezione e ai rapporti fra Zavattini e il mondo dell’arte.



A tutti i pittori ho chiesto l’autoritratto. 
Zavattini e i Maestri del ‘900  

7 maggio / 8 settembre 2013
Pinacoteca di Brera
 
Via Brera 28, Milano
T. 02 72263/257
www.brera.beniculturali.it

Orari: da martedì a domenica
dalle 8.30 alle 19.15 (la biglietteria chiude alle 18.40)
Ingresso: intero 10 €, ridotto 7 €


Il catalogo è pubblicato da Skira.
 

venerdì 3 maggio 2013

La fotografia si prende il suo tempo













Negli ambienti a piano terra di Palazzo Ducale in Guastalla, inaugura domani alle 17.30 la mostra collettiva di Andrea Artoni, Piero Barbieri, Paolo Bertazzoni, Lino De Marinis, Rita Ferretti, Fausto Franzosi, Giorgio Pelli, Gianpaolo Rovesti, che attraverso immagini esclusivamente in bianco e nero, indagano il cambiamento avvenuto in vari luoghi del nostro territorio.


La mostra è promossa dal Comune di Guastalla nell'ambito di FOTOGRAFIAEUROPEA013












Todo cambia
Cambiano le persone e il mondo in cui giocano la loro parte. Mutano (non sempre in meglio, purtroppo) i paesaggi, gli orizzonti, i percorsi.
Il cambiamento va in scena intorno alle nostre vite e, non di rado, le attraversa. A volte dipende da noi, a volte fa come se non fossimo mai esistiti; certuni lo notano preoccupati, altri non se ne accorgono neppure.
Si cambia a velocità diverse: i pochi secondi per togliere un abito, le settimane per farlo passare di moda, gli anni per scalfire stili e codici di tradizioni. Si può accelerare o rallentare, mentre quasi mai c'è spazio per tornare indietro.
L'obiettivo e la lente, con la complicità dell'occhio che li governa, possono cogliere tutto questo: basta puntare nella direzione giusta (e magari aspettare), per fissare in uno scatto il cambiamento. L'idea che un'immagine fissa possa descrivere qualcosa che evolve, in fondo, è un piccolo prodigio: se non si può ritrarre il movimento, c'è comunque un "prima" o un "dopo" da cogliere. 
Basta questo, di solito, per capire cos'è cambiato. 
O, magari, per decidere che è ora di cambiare.

                                                 Gabriele Maestri


Digitale vs Analogico

Cambiare
4 maggio/16 giugno 2013

Palazzo Ducale_Guastalla


Sabato e domenica, 
orari di apertura 10-12 / 16-19