martedì 24 febbraio 2009

Lasciano la Bassa per lavorare in Africa













La straordinaria esperienza in Madagascar
di due medici e un architetto
da: la Gazzetta di Reggio — 23 febbraio 2009


Dalla Bassa con il cuore in Madagascar

Tre professionisti hanno scelto di seguire don Emanuele Benatti

LUZZARA. In un Madagascar sempre più povero - e ora insanguinato da lotte di potere - tre professionisti della Bassa hanno deciso di dare il loro concreto contributo alla popolazione malgascia. Tre storie di solidarietà tutte da raccontare, partendo dalle parole di don Emanuele Benatti, direttore del Centro missionario diocesano, che per molti anni ha vissuto questa realtà: «Si vive tutto diversamente quando gli occhi, le mani, il cuore, il corpo hanno sofferto». Racconti di esperienze incredibili, di storie che confermano come nella nostra provincia i viaggi umanitari siano davvero tantissimi.

Alessio Pedrazzini, 37 anni, medico per vocazione? «Penso che nella mia decisione d’abbracciare la professione abbia influito il ricordo delle visite al pensionato di Luzzara che faceva mia mamma medico: mi lasciava con le suore mentre visitava i suoi anziani pazienti. Poi nel 1995 la decisione d’intraprendere la chirurgia ortopedica: assistetti alla conferenza di Elio Rinaldi, direttore della Clinica ortopedica di Parma, che riportava i risultati raggiunti nell’ospedale di Khulna, nel Bangladesh, dove aveva operato piccoli pazienti». Insomma, le missioni umanitarie erano «scritte» nel suo destino... «Già, ma la scelta di partire per una missione umanitaria è molto stimolante e sinceramente anche più semplice per un medico che per un’altra persona, poiché deve applicare le conoscenze nel medesimo modo. La scelta di partire è stata poi agevolata anche dal comune pensare con mia moglie Alessandra, anestesista che ha anch’essa prestato la propria opera a Khulna nel 2000. Sono stato in Bangladesh nel 2002, due volte in Madagascar». Operare in un Paese del Terzo Mondo: quali problemi ha incontrato? «Gli interventi chirurgici che si eseguono nei nostri ospedali ortopedici e traumatologici non sono riproducibili nel Terzo Mondo. La strumentazione è diversa, esattamente quella che era in uso 60 anni fa in Italia. Strumenti semplici ma facilmente reperibili e riparabili: scalpello, sega a mano, trapano. Ho avuto così la possibilità d’eseguire interventi come avvenivano un tempo e senza il controllo intraoperatorio dell’amplificatore di brillanza. Per questioni collegate al costo è meglio operare il numero maggiore di pazienti possibili, cercando di risolvere in un solo gesto chirurgico la condizione morbosa. Le malattie più trattate? Esiti di poliomielite, fratture, tumori, ustioni, deformità congenite». Progetti futuri? «Come rotariani di Brescello abbiamo da tempo sposato l’idea del “servire” come uno dei momenti forti del nostro sodalizio. Siamo partiti finanziando la costruzione di una casa per ragazze-madre nei dintorni di Lima, poi abbiamo rivolto la nostra attenzione al Madagascar.
Ma se mi chiede qual’è il progetto più importante le rispondo che è quello che verrà domani».
Tiziano Soresina


I grandi «sorrisi» di Andrea Pacchiarini

L'architetto ha realizzato una biblioteca

GUASTALLA
. Si può finire in Africa come turista e restarne colpiti a tal punto da volersi impegnare per le persone incontrate, cercando di rendere migliore la loro vita. E’ accaduto ad Andrea Pacchiarini, architetto attivo tra Guastalla e Massa. «Tutto è nato circa 5 anni fa - racconta - In un viaggio turistico in Madagascar sono venuto a contatto con situazioni particolari. Dopo due mesi, io e mia moglie siamo tornati là, prendendo contatti con gente del luogo: siamo entrati in rapporto con gli abitanti di Andasibé, un villaggio della foresta pluviale, in cui facevamo tappa». Nei primi tempi Pacchiarini portava alla gente aiuti estemporanei, come medicine, cibo, giocattoli. Col tempo, le sue iniziative si sono fatte più impegnative. «Nel 2005 abbiamo realizzato un ponte che permette ai bimbi dell’area più sperduta della foresta di raggiungere la scuola. L’anno dopo abbiamo messo in piedi una mensa: io, mia moglie e mia cognata ci siamo rimboccati le maniche, raccogliendo soldi in Italia con iniziative e costruendo fisicamente l’edificio». Ora l’architetto si occupa di un progetto ambizioso: «Quest’anno, col sostegno del Rotary di Guastalla, realizzeremo una biblioteca, abbiamo già acquistato i libri: aspettiamo che finisca la stagione delle piogge, dovremmo inaugurare lo spazio entro la fine del 2009». L’esperienza africana ha segnato moltissimo Pacchiarini, che vorrebbe estendere il suo vissuto ad altre persone. «Ho imparato più là che in vent’anni di carriera. In Italia non farei mai il muratore, là è diverso, si lavora insieme; quando si devono comprare i mattoni occorre andare nei fiumi e farseli fare. Ogni volta che torno a casa, restituisco il giusto valore alle cose: è importante che altri turisti facciano quest’esperienza, per rendersi conto della realtà e dare una mano, anche per pochi giorni: può sembrare uno sforzo minimo, ma dà molto, anche professionalmente». La biblioteca sarà anche un luogo per riunire i bambini, per i quali Pacchiarini è impegnato da anni: alla professione di architetto e designer, abbina l’incarico di direttore editoriale della casa editrice Briciole di Neve, occupandosi di letteratura d’infanzia. «Al mio progetto africano ho dato il nome “TSIKY”, che in malgascio significa “sorriso”. L’ho fatto pensando al sorriso di quei bimbi che con nulla sono contenti. Mi piacerebbe che fossero loro a scrivere un libro, magari parlando del grande parco naturale in cui si trova il loro villaggio: sarebbe bello che, anche attraverso i piccoli, la gente del posto capisse che la foresta non è solo una risorsa da abbattere».
Gabriele Maestri


Il sogno di Lino De Marinis

Tutto pronto per la realizzazione di una clinica

GUASTALLA. Realizzare un sogno che cambia la vita. Lino De Marinis, già autore di un libro fotografico sul Madagascar, potrebbe intitolare così la sua seconda opera dedicata all’isola africana. Il medico oculista guastallese con l’hobby della fotografia, infatti, dopo un sogno cullato sin dall’adolescenza, fece nel 2000 il suo primo viaggio nell’isola su cui operava don Emanuele Benatti, missionario luzzarese ora direttore del centro missionario. Seguirono altri due viaggi. Dottor De Marinis, perché proprio il Madagascar? «Già prima dell’università - spiega - desideravo recarmi anche temporaneamente, in Africa e rendermi utile in una missione. E quando l’amico Fabio Bovi mi invitò a seguirlo da Don Benatti, a Natale 2000 realizzai il mio sogno». Come è stato travolto dall’idea di fare loculista in quei luoghi? «Programmammo il viaggio ad agosto. Pensammo a come renderci utili in quel Paese, ma non sapevamo cosa avremmo potuto fare. Visite e occhiali erano le cose più semplici, visto che i malgasci non possono acquistarli. Ritenevo, però, più importante istruire qualcuno sul posto per distribuire occhiali che avremmo inviato in seguito dall’Italia». Cosa ricorda del primo incontro col continente nero? «Quando arrivai ad Antananarivo, la capitale, dove ci aspettava don Emanuele, l’impatto fu traumatico». Quando ha iniziato la sua missione? «Il 26 dicembre e per i tre giorni seguenti, visitai nell’ambulatorio medico dei Padri Dehoniani a Fianarantsoa». Perché ha portato nei due viaggi seguenti, i suoi figli? «Ho sempre creduto che un’esperienza all’estero, soprattutto in età giovanile, sia di grande importanza per l’arricchimento personale». Come ha pensato di realizzare una sala operatoria? «Ci accorgemmo presto di non aver visitato che una piccola parte della popolazione. A giugno 2006 tornai nell’isola africana con una collega, Cristiana Cantù e oltre ad effettuare visite, dovevamo valutare la possibilità di eseguire interventi di cataratta, destinazione Ampasimanjeva, villaggio in cui la diocesi di Reggio gestisce da 40 anni un ospedale, con un ambulatorio oculistico dotato di riunito, ottotipo luminoso e cassetta lenti». E arriviamo al suo progetto che realizzerà ad aprile. «Nel 2007 sono stato contattato da Vohangy, la responsabile sanitaria della missione di Ihosy che avevo conosciuto in precedenza. Volevano ristrutturare il loro centro sanitario e costruirvi una sala operatoria oculistica. Mi chiese di aiutarli, stilando una lista del materiale necessario e un preventivo dei costi, cercando di reperirli. Il progetto definitivo, approvato dalla diocesi e con il beneplacito del ministero della Sanità malgascio è stato presentato all’inizio del 2008. Pertanto decisi che a Ihosy il sogno si potesse realizzare».
Alessandro Zelioli

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