lunedì 27 luglio 2009

Sul Po salpa la barca del miele.













L' idea messa in pratica da due mantovani: gli sciami portati in un tratto di fiume vicino a Suzzara. «Faremo come nell' antica Roma» Plinio il Vecchio raccontava già di questa fiorente attività lungo il corso del fiume: Api al lavoro su isole e sponde.


E se in attesa dei progetti faraonici per il Po navigabile tornassimo a fare come gli antichi romani? Ad allevare api lungo l' asta del fiume, ad esempio. Lo raccontava già Plinio il Vecchio. Gli alveari venivano caricati su barconi e trascinati controcorrente fin dalle parti di Cremona. Poi, quando erano pieni di miele, si mollavano gli ormeggi e li si faceva ridiscendere fino ai luoghi deputati alla smielatura:
la mantovana Ostiglia, città di Cornelio Nepote e la rodigina Melara (che fosse una zona di miele lo dice la parola stessa). L' idea è venuta a due mantovani, Fausto Delegà e Karis Isabella Davoglio, che lo scorso fine settimana, con la complicità di Andrea Paternoster della mieli Thun, hanno «varato» la Bee Boat, la nave delle api, sull' Isola dei conigli nel parco di San Colombano, nel tratto di Po che scorre nel Comune di Suzzara. «Per adesso, nel barcone di cemento arenato sull' isola - spiegano Delegà e la Davoglio - abbiamo sistemato solo otto arnie. Ma presto ne dovrebbero arrivare un' altra cinquantina».
Le otto arnie della Bee Boat, in effetti, servono più che altro come vetrina del progetto. Tanto che presto il barcone sarà dipinto a strisce gialle e nere. «Così si potranno portare i ragazzini a guardare dalla riva, col cannocchiale, il lavoro delle api. E, magari, in futuro potremmo piazzare nella barca anche una webcam».
Il parco di San Colombano è sola la prima tappa del progetto
«mieli del Po». Delegà, la Davoglio e Paternoster hanno già messo gli occhi su altre zone rivierasche: due boschi appena piantati a Suzzara
e Viadana, l' isola di Rodi a Sustinente, l' isola Boschina a Ostiglia. «Abbiamo già preso contatti con i Comuni - spiega Delegà -
e contiamo di poter concretizzare gli accordi a partire dal prossimo anno. Oltretutto, il nostro progetto è perfettamente in linea con la legge Cutrera sulla rinaturalizzazione delle sponde del Po, anche se magari dà fastidio a chi vorrebbe mantenere nelle golene l' attuale monocultura di pioppi». Già, perché un altro degli ingredienti dei mieli del Po sarà la biodiversità. Tanti fiori e piante diverse vogliono dire miele più buono, con caratteristiche uniche. Delegà tira in ballo addirittura il concetto di terroir: «È ora di pensare al miele come si fa col vino: una volta al ristorante ti chiedevano solo se volevi bianco o rosso, al massimo fermo o frizzante.
Adesso abbiamo imparato a valorizzare non solo i diversi vitigni e le varie doc, ma addirittura i cru, i singoli vigneti.
Col miele dobbiamo fare lo stesso». Lui ha già cominciato.
Andando a caccia delle aree di pianura più integre e «biodiverse».
Da un paio d'anni, ad esempio, grazie ad Adobio Italia (la cooperativa di e-breeding fondata da Delegà e dalla Davoglio, che consente
l'adozione via Internet non solo degli alveari, ma anche di maiali, vigneti e oliveti) e alla mieli Thun, si può ad esempio gustare il miele del Parco delle Bertone, uno dei gioielli verdi del Parco del Mincio. «La qualità è eccezionale - spiega Delegà -.
Paternoster ha individuato negli alveari le tracce di ben 32 pollini diversi, cosa più unica che rara».

Angelini Luca

da: Corriere della Sera (27 giugno 2009)

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