giovedì 31 dicembre 2015
giovedì 24 dicembre 2015
NATALE 2015
Cari SOCI e cari Amici de L'ARGINE MAESTRO
quello che sta per concludersi è stato un anno intenso per la nostra Associazione, contraddistinto anche dall'uscita di due numeri dell'attesissima pubblicazione.
Già stiamo pianificando i nuovi eventi, sempre con l'obiettivo di conservare e trasmettere i valori della cultura della Bassa.
Intanto, godiamoci questi giorni di festa che Vi auguro di passare in serenità con le vostre famiglie.
Vi invio i migliori auguri di un buon NATALE e di un fantastico 2016
Daniele Daolio
Presidente dell'Associazione L'Argine Maestro
giovedì 19 novembre 2015
venerdì 13 novembre 2015
Apprendisti Ciceroni al Museo Diocesano e ai Civici Musei di Reggio Emilia
Mercoledì 18 e giovedì 19 novembre cinquanta studenti illustrano capolavori del passato ai loro colleghi.
Promossa dal Settore Scuola Educazione del FAI, in collaborazione con Soprintendenza Archeologica, Civici Musei, Museo Diocesano, Duke University, Lions Club Reggio Emilia Host e con la partecipazione dell’Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola, torna la IV edizione di Mattinate FAI d’Autunno.
L’iniziativa autunnale mira a coinvolgere gli studenti delle scuole nella scoperta del patrimonio storico-artistico della città, accompagnati e guidati da loro colleghi, appositamente preparati dai volontari FAI e dai loro docenti. Obiettivo quello di avvicinare il mondo dei giovani alla storia e alla cultura del luogo e di vivere un’insolita esperienza di “educazione tra pari”.
Così nelle mattine di mercoledì 18 e giovedì 19 novembre saranno Apprendisti Ciceroni® ad accogliere i loro coetanei presso le prestigiose sedi museali della città, dove potranno essere ripercorsi itinerari archeologici relativi alla Reggio antica, dalla ricostruzione virtuale della città allestita presso i Civici Musei, illustrata dagli studenti del Liceo Artistico “Gaetano Chierici”, e l’ampio mosaico policromo di IV secolo esposto presso il Museo Diocesano, dove saranno operativi gli studenti del Liceo Scientifico “Aldo Moro”.
info:
MUSEO DIOCESANO
Via Vittorio Veneto, 6
42121 Reggio Emilia
T 0522 1757930
beniculturali@diocesi.re.it
martedì 27 ottobre 2015
IN VIAGGIO CON MATILDE NELLE TERRE DEL PO
Nell’anno delle
celebrazioni Matildiche (1115-2015) Guastalla saluta la figura della
GRANCONTESSA con un evento che fa tornare la città nel medioevo,
indietro di nove-dieci secoli.
Il prossimo 7 novembre, di sabato pomeriggio, l’associazione L’Argine Maestro e il Comune di Guastalla propongono cultura e intrattenimento assieme.
Con un mix originale tra recitazione e ricerca storica il pubblico sarà accompagnato a rivivere una giornata alla corte di Matilde di Canossa nelle terre del Po, quelle in cui passò tanta parte della vita e dove morì. Nella sala dell’antico portico di Palazzo Ducale ma anche nella centralissima via Gonzaga e nel cortile del palazzo che fu dei Gonzaga gli attori di ARS VENTUNO – Teatro di Guastalla, sfoggiando costumi d’epoca medievale e coordinati da Fiorello Tagliavini, si esibiranno in dialoghi e rivisitazioni di momenti storici e personaggi matildici.
Nella sala dell’antico portico quattro ricercatori offriranno la sintesi dei più recenti studi con relazioni incisive. Si parlerà di personaggi come il giudice del XII secolo Rogerio da Guastalla, dei monaci Benedettini di cui si scopre solo ora la presenza a Pieve negli anni di Matilde, dell’istruzione in quei tempi lontani, delle strade di terra e di acqua che nella Bassa percorrevano i pellegrini, i mercanti e gli eserciti. Gli argomenti sono stati appositamente scelti per l’occasione, con una forte impronta locale perché uno degli scopi dell’evento è quello di far progredire la conoscenza della storia medievale di Guastalla e delle terre basse del Po.
L’evento è promosso da L’Argine Maestro, associazione che si occupa del recupero della cultura della Bassa sotto le sue molte forme.
Le relazioni dei ricercatori e le più interessanti fotografie delle performances teatrali saranno riunite in un dossier speciale nella collana de L’ARGINE MAESTRO che sarà distribuito nelle edicole e nelle librerie all’inizio del prossimo anno.
PROGRAMMA:
ore 15:45
Raduno sotto la statua di Ferrante Gonzaga in compagnia
di Donizone, di Matilde e dei pellegrini diretti a Roma
ore 15:45
Raduno sotto la statua di Ferrante Gonzaga in compagnia
di Donizone, di Matilde e dei pellegrini diretti a Roma
ore 16:00
Guastalla nell’ambito della Domus Comitissae Mathildis
Relatore: Arnaldo Tincani
ore 16:30
Ricerche sull’istruzione primaria nell’Emilia occidentale
in età matildica
Relatore: David Salomoni
ore 17:30
I Benedettini a Guastalla al tempo di Matilde. Una scoperta
Relatore: Gianni Dallasta
ore 18:00
Matilde di Canossa e le vie di terra e d’acqua nella Bassa del Po
Relatore: Daniele Daolio
mercoledì 16 settembre 2015
Piante e Animali Perduti come occasione di riscoperta culturale
La statua bronzea di Ferrante Gonzaga svetta su Piazza Mazzini a Guastalla, il punto centrale del percorso espositivo di Piante e Animali Perduti. Presi dai colori e dalle voci della manifestazione spesso non si offre la dovuta attenzione a uno dei tre bronzi rinascimentali ancora conservati in Europa: la statua bronzea di Ferrante Gonzaga. Un’opera straordinaria.
Nell’articolo che segue Fiorello Tagliavini
spiega perchè.
Particolarmente complessa è la vicenda della realizzazione del monumento di “Ferrante Gonzaga trionfante sull’invidia” eseguito da Leone Leoni Aretino su commissione di Cesare Gonzaga nel 1562. Infatti attese ben 32 anni prima del suo completamento, curato dal figlio Pompeo Leoni nel 1592 e posizionato a Guastalla nel 1594.
Ma chi era Leone Leoni? Nato a Menaggio nel milanese nel 1509 c.a da una famiglia originaria d’Arezzo, si forma a Venezia come incisore di monete e medaglie, assorbendo gli influssi formali di Donatello e Jacopo Sansovino, evidenziando pure stilemi appartenenti alla tradizione michelangiolesca.
Grazie alla conoscenza del Tiziano e all’arresto di Benvenuto Cellini entra alla corte pontificia come incisore della zecca. Rischiò il taglio della mano destra per aver sfregiato un soldato tedesco
e si salvò unicamente grazie all’interessamento di Andrea Doria.
Nel 1542 trasferitosi a Milano ottenne la carica di incisore della zecca imperiale e fu particolarmente apprezzato da Carlo V
per il quale eseguì numerosi ritratti in bronzo.
Le sue opere di maggior rilievo sono la statua
di “Carlo V che domina il furore” al Museo del Prado, il sepolcro del “Marchese Gian Giacomo di Marignano detto il Medeghino” realizzato su disegni del Buonarroti, nel Duomo di Milano e “Ferrante Gonzaga trionfante sull’invidia”.
Leone Leoni muore a Milano nel 1590.
Il complesso statuario di Ferrante è composto dalla figura del principe in abito da guerriero romano, raffigurante Ercole, che calpesta un satiro trafitto dalla lancia, simbolo dell’invidia,
e che ha decapitato l’Idra a tre teste, emblema della calunnia.
Il corpo di Ferrante mostra una leggera torsione verso destra per lo spostamento in avanti del braccio sinistro leggermente arcuato e stringe nella mano semiaperta un’asta che punta sul braccio del satiro.
La mano destra ha nel suo palmo tre mele.
Il mito, a cui si richiama l’allegoria del monumento, è quello di Ercole che deve cogliere nel giardino delle Esperidi, figure femminili simili alle sirene, dotate di voci suadenti ed ipnotiche, le mele d’oro dell’albero donato da Demetra ad Era per le sue nozze con Zeus.
L’Eroe è Ferrante Gonzaga, straordinario uomo d’armi; il viaggio è quello del principe a Bruxelles per incontrare l’imperatore Carlo V, discolparsi delle accuse di tradimento ed appropriazione indebita, accuse a lui rivolte durante il governatorato di Milano; Ferrante riesce a dimostrare la falsità delle accuse e viene riabilitato con pubblica dichiarazione imperiale del 1 giugno 1555.
Ed ecco il completamento degli elementi simbolici: il Principe vittorioso, che decapita
la calunnia il serpente a tre teste (tre come i detrattori di Ferrante) e sconfigge l’invidia, il satiro, che è anche presenza demoniaca.
Ferrante torna con tre mele d’oro dono degli dei, conquistate e trattenute nella mano destra quasi nascoste per la preziosità che rappresentano, simbolo d’onore di fedeltà e di verità.
Leone Leoni, pressoché coetaneo di Ferrante,
ci da garanzie di somiglianza del volto con il nostro principe avendolo conosciuto ed incontrato a Milano.
Il corpo muscoloso, rientra nei canoni estetici tipici dell’epoca ma anche nello stile dell’artista. Non dobbiamo sottovalutare il fatto che Ferrante era un uomo d’azione e che le analisi sullo scheletro ci hanno mostrato un uomo di circa
un metro e settanta con una massa muscolare importante.
Barba e capelli ricci con fronte spaziosa, glabre appaiono le braccia e le gambe, in cui, in modo puntiglioso, si mostrano le venature e i fasci muscolari.
Ci rendiamo conto di come nulla sia abbozzato, bensì come ogni minimo particolare mostri una pregevole fattura.
Gli spallacci e la lorica in cuoio, il fermaglio del mantello il panneggio i calzari, il gonnellino.
Il satiro, essere antropomorfo, metà capro e metà uomo, è raffigurato nello spasimo ultimo della morte.
Il corpo ancora reattivo, non completamente accasciato, il viso composto in un ghigno più ferino che umano. Lo stesso corpo,
con le braccia che tendono ad un ultimo appiglio danno un forte senso di drammaticità alla composizione.
Straordinaria è la parte caprina del satiro, una purezza zoomorfa in cui gli arti di capra sono di una perfezione assoluta, il piede bifido, la lana della coscia l’intrecciarsi delle zampe in un inutile tentativo vitale sono di una altissima forza espressiva.
L’Idra di Lernia, il serpente d’acqua, che viene decapitato da Ercole, in un altro episodio delle dodici fatiche, ha i piedi ungulati e palmati.
La realizzazione che ne fa Leoni è, rispetto al mito, di dimensioni ridotte, tuttavia sono evidenti le teste parzialmente mozzate penzolanti ed i piedi palmati e dotati di artigli.
La statua mostra, in un lembo del mantello appoggiato sul corpo del satiro, quasi un piccolo stemma, la firma dell’artista che si sigla LEO ARETIN. Leone Aretino.
Approfondimento tratto dal sito Piante e Animali Perduti, a cui suggeriamo far riferimento per una consultazione preventiva utile a individuare gli straordinari percorsi del weekend guastallese dedicato alla biodiversità.
http://pianteanimaliperduti.it
martedì 15 settembre 2015
La MOSTARDA che piace alle genti della nostra Bassa del Po
Quando si parla di mostarda con amici stranieri l’equivoco è sicuro. Basta poco a capire che stiamo parlando di due cose differenti e che la moutarde francese o l’english mustard sono altra cosa. Quando se ne discute con gente della grande pianura del Po, invece, l’intesa è totale. In effetti è proprio il Grande Fiume ad aver unito le due ricette tradizionali più note per la preparazione della mostarda: quella cremonese e quella mantovana. Per carità: ci sono altre “mostarde” in terra veneta o piemontese, per esempio. Ma, ancora una volta, sono altra cosa perché diversi gli ingredienti e il modo di prepararle.
Ebbene sì, la nostra Pianura è la madre di un piatto di contorno a base di frutta conservata sotto sciroppo e senape. Unico nel suo genere. Con un gusto che accoppia arditamente il dolce col piccante, la mostarda si presta divinamente ad accompagnare antipasti ma soprattutto formaggi dal sapore deciso e, da sempre, i bolliti della tradizione natalizia. Con la carne, quindi, le dolcezze al palato sprigionate dai frutti ammollati nel denso bagno dolce intriso di soluzione zuccherina, sono in grado di fare da nobile contraltare con certi piatti succulenti.
Chi assaggia per la prima volta questo abbinamento, di norma, ne rimane colpito.
È forte, deciso, complesso e può disorientare soprattutto nell’era del cibo spazzatura dove i gusti tendono ad essere uniformati per forza. Chi non è avvezzo a tali sapori contrastanti deve aver voglia di lasciarsi andare, senza reticenze o preconcetti, alla scoperta di un matrimonio solo apparentemente disarmante tra la carne e questa frutta dolce conservata. Non per chi vive nelle nostre terre, da sempre allevato fin dalla tenera età a godere di questo sano e indimenticabile connubio gustativo.
Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad un rinnovato interesse per la mostarda che non è mai scomparsa dalle tavole nelle terre bagnate dal Po ma che ora trova interesse commerciale non solo nella sua versione forse più conosciuta, quella cremonese, che da decenni si trova ovunque grazie ad una abbondante produzione industriale. Quella mantovana, prodotta nelle case anche dei Guastallesi da generazioni, trova ora un suo pur piccolo spazio grazie ad uno sparuto gruppo di produttori di quantità limitate e grazie anche ad eventi come Piante e Animali Perduti che ne sono degna vetrina.
Cremonese o mantovana? Quale scegliere?
Domanda da non fare mai ad un guastallese perché la prima non la si prende nemmeno in considerazione. Perché? La motivazione principale è che qui da noi non si usano i frutti interi come a Cremona. Poi non amiamo farne mescolanze che potrebbero confondere l’aroma tipico di ogni frutto contenuto. Poi ancora la senape, che nella patria di Stradivari è potente e persistente, talvolta copre il gusto della frutta.
Di converso ecco quindi la mostarda che piace alle genti della nostra Bassa del Po:
1) Un solo tipo di frutto per vasetto: cotogna o mela campanina o pera autunnale.
2) La frutta deve essere di stagione, raccolta tra fine estate e inizio autunno (un modo come un altro per dire che la nostra mostarda tradizionale non conterrà mai mandarini, albicocche, pesche o ciliegie!). I colori della mostarda qui da noi si presentano tenui e pastellati, mai ricchi di colore!
3) I frutti devono essere tagliati a fettine o a spicchi, non troppo grossi e a seconda del tipo.
4) Il sapore deve essere dolce e cortesemente piacevole, carico degli aromi che vengono dai frutti i cui pezzi dovranno restare sodi ma capaci di sciogliersi in bocca dopo rapida e gustosa masticazione assieme a sapida carne bollita.
5) La senape deve sentirsi giusto per dare la tipica punta di piccante ma non deve mai (!) essere tanto invadente da smorzare o ferire i generosi sapori della buona frutta.
Alla fine è meglio passare dalle parole ai fatti. Durante Piante e Animali Perduti si svolge ogni anno una bella sfida tra produttori di mostarda. Vince, ovviamente, chi la fa più buona.
Un’occasione ghiotta per saperne di più e gustare prodotti artigianali, magari per portarsi a casa una delle chicche dell’antica cucina del Po.
Per attingere ad altre utili notizie, curiosità e informazioni sulle tradizioni del nostro territorio consultate direttamente le pagine della manifestazione Piante e Animali Perduti utilizzando per l'accesso il link http://pianteanimaliperduti.it
domenica 13 settembre 2015
Nel segno dei Gonzaga
In chiusura la mostra genealogico-iconografica a cura di GianCarlo Malacarne
I Gonzaga in mostra al Museo Diocesano di Mantova in un’esposizione frutto di un lavoro di ricerca durato anni, in cui, grazie alla disponibilità dei collezionisti privati, ho ricostruito l’albero genealogico gonzaghesco attraverso i volti dei protagonisti.
“Gonzaga. I volti della storia”
è il titolo della mostra, allestita nella Sala delle Colonne del Museo diocesano “Francesco Gonzaga” di Mantova fino al 20 settembre prossimo. Dalla rassegna del 1937 in Palazzo Ducale non si era più vista, a Mantova, una mostra di questo genere, in cui le immagini si leggono in funzione della storia di una dinastia, narrando secoli di fasti e glorie, ma anche di efferati delitti e nefandezze commessi in nome della ragion di stato. Da anni dedico i miei studi a sondare l’universo Gonzaga e ho rintracciato in collezioni private quelle immagini di cui Mantova fu privata durante le note e tristi vicende che causarono la spoliazione delle collezioni Gonzaga, disperse tra musei e raccolte private in tutto il mondo. Immagini che non ritroviamo più, se non in minima parte, nei musei mantovani: i ritratti dei protagonisti della grande stagione del potere. Molti di questi volti sono fortunatamente affidati, oggi, alla custodia di collezionisti privati, i quali hanno aderito con entusiasmo al progetto che ha dato luogo a questa mostra. Cento gli esemplari presenti tra medaglie, armi, ceramiche, mappe genealogiche e dipinti, i quali ricostruiscono il mondo estremamente sfaccettato della dominazione gonzaghesca, soffermandosi tanto sul ramo principale della famiglia quanto sui numerosi rami cadetti presenti per oltre quattrocento anni sul territorio mantovano e non solo, senza dimenticare il periodo dell’annessione monferrina ed il ramo cadetto di Vescovato, ancora in essere. Il corpus di dipinti, anche di notevoli dimensioni, costituisce una novità assoluta che si svela per la prima volta al pubblico. Uomini e donne del potere che hanno lasciato un segno tangibile sul nostro territorio dialogano con i visitatori guardandoli negli occhi e raccontando la loro storia personale, ricomponendo così, come in un puzzle, le complesse vicende dinastiche che costituirono quel tempo esaltante e mai dimenticato.
È una rassegna che non privilegia esclusivamente il ritratto in quanto tale, ma intende penetrare l’essenza stessa dei personaggi rappresentati, raccontandone la storia e leggendone l’anima.
Si incontra, ad esempio, la sventurata Margherita Farnese, che causa l’imene corneo fu ripudiata dal marito Vincenzo I; Margherita di Savoia, moglie di Francesco IV Gonzaga, inutilmente sacrificata sull’altare della pace tra le due famiglie, mirabilmente immortalata dal Pourbus; il cardinale Ferdinando, successivamente diventato duca di Mantova, presente in entrambe le condizioni; Giovanni Gonzaga con la moglie Laura Bentivoglio, cadetti di Vescovato, rappresentati su due lattole lignee quattrocentesche; la misteriosa ed inquietante Matilde d’Este, moglie di Camillo III Gonzaga di Novellara, legata per sempre alla nefanda e tragica “acquetta”; Eleonora de’ Medici, moglie di Vincenzo I, ritratta con il primogenito Francesco da Lavinia Fontana; Antonio Ferdinando e Giuseppe Maria Gonzaga, ultimi della schiatta guastallese, immortalati insieme alle mogli là, a raccontare le loro crude storie. Oltre ai dipinti sono esposte alcune mappe genealogiche di eccezionale bellezza e valore documentario, che rimandano a una ricerca effettuata in epoca lontana sulle origini di una grande famiglia, sulle sue diramazioni, sugli imparentamenti, sapienti e finalizzati al mantenimento del potere in tempi oscuri e saturi di pericoli. Un coacervo di dati che, al di là della funzione strettamente documentaria, presentano espressioni artistiche di grande rilievo, come, ad esempio, la pergamena dedicata a Vespasiano Gonzaga del ramo cadetto di Sabbioneta, realizzata intorno agli anni ’50 del Cinquecento, con numerosi tondi fondo oro. Inoltre medaglie in oro, argento e bronzo pertinenti diversi personaggi di Casa Gonzaga, riconducibili ad artisti di conclamata importanza, quali Pisanello, Sperandio, Mola ed altri. Infine, la mostra ospita oggetti di particolare significato: ceramiche, libri, cofanetti, armi, appartenute alla famiglia e recanti inequivocabili segni distintivi che testimoniano storie gonzaghesche di grande spessore e afflato artistico.
Quello delle opere d’arte esposte al pubblico nella mostra “Gonzaga. I volti della storia” è immaginabile come un viaggio infinito, che dura da cinque secoli e mai si concluderà finché resterà vivo e pulsante il desiderio di penetrare i misteri della storia anche nell’analisi di quei personaggi che in prima persona scrissero sapide pagine di un racconto così saturo di suggestioni da farsi mito. È come una marea che si alza a incutere timore, un’esondazione di sentimenti e di ricordi, un palpitare furioso che induce a correre con la mente ad un tempo lontano, permeato dal mistero che si coglie negli sguardi immobili di coloro che furono grandi ma ora non sono più; di coloro che paiono voler gridare al mondo, rifiutandola, la innaturale immobilità che li rivela ai nostri sguardi desiderosi di vita, di storie. Ritratti che immergono in una condizione di pathos alla quale affidarsi per comprendere e godere di un inusitato livello di comunicazione.
Come Ulisse mille avventure visse e a lungo vagò per terre e mari prima
di tornare a Itaca, la sua isola, la sua casa, così questi dipinti,
dispersi in un’oceano virtuale, per un poco ritornano al luogo
d’origine, a far parte di una vicenda inalienabile e scintillante che li
vide protagonisti ma, ora, in attesa di salpare nuovamente le ancore e
vagare nell’Infinito.
Bisogna guardarli quei ritratti. Bisogna
soffermarsi a cogliere e far proprio il crogiolo di sentimenti che li
pervade, le ansie, le gioie e le angoscie che occhi imbambolati e
sguardi increduli rivelano e narrano a chi desidera andare al di là di
ciò che la tela rivela con immediatezza e, a volte, in modo mendace,
ingannevole. Andare oltre il mero strato di colore fino ad incontrare
l’anima. Non ci si dovrà fermare al mero aspetto fisiognomico o cercare
di indovinare il nome del personaggio rappresentato, ma affidarsi ad una
riflessione profonda, che mira a cogliere le emozioni che dal ritratto
trapelano, abbandonandoci ad una sorta di transfert che ci calerà non
soltanto nella storia, ma nel personaggio stesso. Diversamente la nostra
resterà un’osservazione sterile, vuota di contenuti. Concediamoci un
istante allo sguardo della sventurata Margherita Farnese, che ci riversa
addosso tutta la sua greve malinconia e disagio e vergogna. Lei,
proiettata per nascita ai fasti più esaltanti della dinastia mantovana,
andata in sposa al “duchino” Vincenzo di Guglielmo Gonzaga, invece
finita prigioniera senza speranza, sepolta in un convento a scontare il
peccato di esistere. Lei, aperta a un divenire gioioso e invece percorsa
e umiliata nella sua più nascosta intimità da mani algide e lubriche
che cercavano un male oscuro nel quale far affogare i suoi sogni di
giovinetta. Lei, per quel maledetto “imene corneo” eletta suo malgrado a
protagonista di una storia volgare politicamente dirompente, costretta a
chinare il capo davanti alla ragion di stato e morire agli occhi del
mondo aristocratico che l’aveva generata. Soffermiamoci a mettere i
nostri occhi in quelli incantati e sinistri di Matilde d’Este, consorte
di Camillo III Gonzaga di Novellara; subito ci impossesseremo della
dimensione di follia che pervase i suoi giorni, e leggeremo nel composto
viso diafano e riccioli civettuoli aggettanti sulla fronte e sguardo
tagliente e infingardo, la terribile vicenda che accompagnò la sua vita,
che la spinse a creare il mortifero veleno che un nome dal suono
argentino, leggiadro e incorporeo occultava alla conoscenza, al
sospetto, allo spavento: “acquetta”. Forse un fremito ci percorrerà
quando incontreremo il ritratto in armi di Francesco I Gonzaga. Il IV
capitano di Mantova, uomo cinico e terribile, condannò alla
decapitazione, per un adulterio mai commesso, la moglie Agnese Visconti
insieme al suo presunto amante, Antonio da Scandiano, appeso per il
collo a scalciare al vento, una gelida notte del febbraio 1391. Leggenda
vuole che la sventurata Agnese si sia a suo modo vendicata di tanta
menzogna e crudeltà, togliendo al suo assassino l’identità visiva che la
storia tramanda ai posteri, perché per uno di quegli inintelligibili
interventi del fato, l’immagine che del Gonzaga ci è pervenuta pare sia
invece riconducibile a lei, all’innocente Agnese, giustiziata perché
colpevole di non aver dato al signore di Mantova il figlio maschio che
la dinastia pretendeva e di essere feroce nemica di Gian Galeazzo
Visconti di Milano, suo cugino, divenuto alleato di Francesco Gonzaga,
che gli aveva assassinato il padre Bernabò. Mettiamo i nostri occhi
nello sguardo allucinato di Antonio Ferdinando di Guastalla, rapito da
morte più che atroce e in quelli dell’altezzosa Teodora d’Assia sua
sposa; scrutiamo anche il povero Giuseppe Maria, destinato a chiudere
nel nulla una dinastia che fulgide pagine di storia aveva scritto. Sì,
bisogna guardarli quei ritratti e cogliere da essi il racconto che il
sapiente e fatato pennello di pur anonimi artisti ha saputo consegnare
alla storia senza infingimenti, in un inarrestabile processo di
immortalità. Bisogna leggere per ognuno le storie sature di pathos che
li accompagnano e cogliere nei visi, negli occhi, e nella solo apparente
immobilità, il racconto di vite che nel bene e nel male accompagnarono
l’incedere di una dinastia tra le più longeve d’Europa, e il desiderio
che bocche inesorabilmente chiuse non possono urlare per far sapere al
mondo mille misteriose verità e accadimenti e segreti. Intrecci
matrimoniali, lungimiranti strategie, politiche inesplicabili e
vagheggiate contese in armi, sogni scintillanti a lungo accarezzati e
conturbanti chimere inseguite per secoli; ecco cosa esprimono
nascostamente quei ritratti, muti ma mai silenziosi, proiettati ad un
livello di comunicazione che si può cogliere soltanto andando oltre l’immagine. Dietro l’immagine. Dentro l’immagine.
GianCarlo Malacarne
Alla mostra aderiscono, oltre a numerosi collezionisti, la Biblioteca
Maldotti di Guastalla, il Museo Gonzaga di Novellara, la Biblioteca
Teresiana di Mantova e la Collezione Unicredit con significativi
prestiti.
Per ulteriori informazioni e prenotazioni:
Museo
diocesano Francesco Gonzaga
Mantova, Piazza Virgiliana 55
tel. 0376
320602
info@museodiocesanomantova.it
martedì 26 maggio 2015
INVITO ALLA VISITA
Da giovedì 28 maggio e fino al 31 ottobre 2015 apre la mostra storico-artistica “Bellezza del sapere, bellezza del fare. Vita, arte e cultura al
Collegio della Guastalla dal 1557 ad oggi” che sarà visitabile nella
sede del Collegio della Guastalla (viale Lombardia, 180 in Monza) per
ripercorrere l'itinerario della nascita e dell'evoluzione lunga l’arco
di quasi 500 anni di un istituto scolastico per fanciulle
“pericolanti”,
uno dei Collegi più antichi del mondo.
[...] Ci balzò subito agli occhi come fossero molte le giovanissime “pericolanti”, che la mancanza di una dote esponeva a matrimoni tristi o alla perdizione. Ne incontravamo a decine: avevano bisogno di un luogo che ne promuovesse la maturazione e l’inserimento sereno nella comunità e, cosa ancor più sorprendente quando noi stesse la realizzammo, la comunità aveva bisogno di loro! Ecco cosa avremmo fatto: un Collegio per fanciulle disposte con la purità del cuore a ricevere la forma delle belle virtù!
[...] Ci balzò subito agli occhi come fossero molte le giovanissime “pericolanti”, che la mancanza di una dote esponeva a matrimoni tristi o alla perdizione. Ne incontravamo a decine: avevano bisogno di un luogo che ne promuovesse la maturazione e l’inserimento sereno nella comunità e, cosa ancor più sorprendente quando noi stesse la realizzammo, la comunità aveva bisogno di loro! Ecco cosa avremmo fatto: un Collegio per fanciulle disposte con la purità del cuore a ricevere la forma delle belle virtù!
Misi a disposizione del progetto quanto rimaneva delle mie
sostanze, che non era poco. Acquistammo il terreno necessario nel
quartiere di Porta Romana. Non ci sarebbero state celle nel nuovo
edificio, ma ampie stanze in cui le ragazze avrebbero imparato a
leggere, a scrivere, a ricamare, a godere di quelle oneste ricreazioni
che non facessero loro rimpiangere la casa paterna. Lì avrebbero
soprattutto vissuto nella sequela di donne virtuose, in un rapporto
individuale, fino all’età di ventun’anni, quando ad ognuna sarebbe stata
corrisposta la cifra ragguardevole di 2.000 lire imperiali, perché ne
disponesse come dote per intraprendere liberamente la vita matrimoniale o
quella religiosa. Di una fanciulla, infatti, per farne una donna non è
sufficiente nutrire il corpo in modo equilibrato e la mente in modo
creativo, ma bisogna anche e soprattutto nutrire il cuore, alimentare il
desiderio e sostenere la libertà.
La mostra è stata realizzata col patrocinio
La mostra è stata realizzata col patrocinio
dei Comuni di Milano, Monza e
Guastalla,
della Regione Lombardia, oltre che da EXPO2015
All'inaugurazione delle ore 18.00 presso il Salone d’Onore del Collegio della Guastalla, si somma la presentazione al pubblico del libro di Valeria De Domenico e Annalena Valenti: “La grande avventura di Ludovica, Contessa di Guastalla”.
Scritto in italiano e in inglese, il volume che si propone ad ogni tipo di lettore (dai 7 ai 99 anni) è dedicato alla fondatrice del Collegio: l’affascinate figura della contessa Ludovica Torelli, vissuta tra il 1499 e il 1569. Ispirandosi alle tante lettere rinvenute nell’archivio della scuola, le autrici hanno voluto raccontare la storia di questa grande figura di donna del’500, attraverso una lunga lettera immaginaria che la stessa contessa, pochi mesi prima di morire, avrebbe potuto scrivere ad una bambina del collegio. La parte narrativa è arricchita da una timeline storica, immagini, disegni e approfondimenti che inquadrano i fatti all’interno di un più vasto scenario storico,
in modo dinamico e graficamente accattivante.
Per ulteriori informazioni www.guastalla.org
lunedì 27 aprile 2015
Sarà un piacere incontrarvi numerosi
Non poteva che essere lo Chalet di Guastalla, un luogo del cuore, la cornice di presentazione del quarto volume della collana L'ARGINE MAESTRO.
Un'occasione per discutere tra amici di argomenti molto cari alla cultura della Bassa e conversare dei temi proposti, direttamente con gli autori,
i fotografi e i tecnici che hanno curato la stesura di questo capitolo dedicato a L'ospitalità...
Come in una sorta di fucina creativa, saranno graditi i contributi di tutti coloro che vorranno offrire idee anche per il numero successivo,
già in fase di elaborazione.
Non si escludono sorprese durante la serata!
DA RICORDARE:
giovedì 7 maggio ore 21.00
Chalet da Marzio_ Lido Po_ Guastalla_ RE
venerdì 20 marzo 2015
Un prezioso tappeto di pietra
Grande attesa per la “rivelazione” pubblica del mosaico di IV secolo D.C. scoperto nella cripta della Cattedrale di Reggio Emilia, mentre prosegue il XXI Colloquio AISCOM (Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico), che vede al centro dell’interesse il prezioso tappeto di pietra reggiano.
L’evento, promosso da Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna e dall’Ufficio beni culturali della Diocesi, in occasione della XXIII edizione delle Giornate FAI di Primavera, è presentato in anteprima ai convegnisti del XXI Colloquio AISCOM (Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico) in corso a Reggio emilia proprio in questi giorni nelle tre sedi dell’Aula Magna dell’Università, dei Musei Civici e della Cattedrale.
L’inaugurazione dell’esposizione alla presenza delle massime Autorità cittadine è prevista per il pomeriggio di venerdì 20 marzo, quando il vescovo Massimo Camisasca e Luigi Malnati neo soprintendente all’Archeologia dell’Emilia Romagna, taglieranno il nastro e presenteranno il valore storico, artistico, culturale dello splendido reperto, non a caso definito il più bel mosaico di IV secolo ritrovato in area emiliana.
Del prezioso tappeto in tessarae versicolores “tessere policrome” si stanno occupando esperti internazionali riuniti nel convegno annuale degli studiosi del mosaico, le cui discussioni si concluderanno in una sessione sul tema dell’iconografia e del restauro, anche dell’opera reggiana, sabato mattina nella suggestiva cornice del coro della cattedrale.
Per ulteriori informazioni:
DIOCESI DI REGGIO EMILIA - GUASTALLA
Ufficio Beni Culturali - Nuova Edilizia
MUSEO DIOCESANO
Via Vittorio Veneto 6
42121 Reggio Emilia
Tel 0522 1757930
mail beniculturali@diocesi.re.it
venerdì 23 gennaio 2015
Ricordi di Scuola Elementare, in una serata che racconta di anni scolastici d'altri tempi
Quasi magicamente, vecchie foto-ricordo si sono affacciate dal buio dei cassetti e grazie all'intuizione di Mariangela Corradini e Claudio Dallasta hanno trovato posto nel singolare quaderno "Ricordi di Scuola Elementare" realizzato anzitutto come collettivo ringraziamento alle maestre e ai maestri che per tanti anni hanno rappresentato il punto di riferimento nell'età evolutiva di tante generazioni.
Nato come strenna di Natale destinata ai propri compagni di classe, nel volgere di pochi giorni si è trasformato in un vero e proprio prodotto culturale emblematico nel suo genere tanto che, per soddisfare le numerose richieste, si è resa indispensabile addirittura una seconda edizione con nuovi e interessanti contributi fotografici.
Le insegnanti: Gigliola Miari, Giuseppina Mossini Bonvicini, Maria Manfredini, Arnalda Buonuomo, Mariella Capasso |
Ripercorrere gli anni trascorsi sui banchi in legno della Scuola Elementare di Pieve non voleva essere un'operazione nostalgia, ma l'occasione per cogliere il piacere di tornare a respirare le positive atmosfere di tempi in trasformazione e che grazie all'impegno di tutti sarebbero stati in grado di migliorare le condizioni di vita.
Una sorta di carica di fiducia che non guasta, per ritrovare ai giorni nostri il bandolo della matassa e con coraggio provare a porre rimedio agli anni difficili che stanno segnando profondamente il Paese intero.
Foto ricordo (Corso 1948-1953) |
Giovedì 5 febbraio, alle ore 21.00 nel Salone Padre Paolino, l'incontro di presentazione con gli autori della pubblicazione offrirà la possibilità di riconoscersi in quelle foto di gruppo in bianco e nero e alimentare, probabilmente con commozione, i ricordi di bellissimi anni spensierati.
Non mancheranno testimonianze raccontate dai diretti protagonisti di quegli anni scolastici e aneddoti di personaggi in grado di far sorridere per la semplicità e la tenerezza di certi comportamenti così lontani nel tempo.
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